“Now’s the Time”, un’intensa retrospettiva di Jean Michel Basquiat, è in esposizione fino al 1° novembre al Guggenheim di Bilbao. Cento opere suddivise in otto sezioni, che rivelano l’evoluzione di uno dei più rivoluzionari artisti degli anni Ottanta, esponenti del graffitismo americano.
Dagli esordi di strada fino all’ingresso nei salotti culturali e alle collaborazioni con artisti del calibro di Andy Warhol, Keith Haring e Kenny Scharf. Uno straordinario percorso dell’artista americano scomparso troppo presto, all’età di 27 anni, riuscito a incarnare perfettamente il periodo in cui è vissuto, gli anni ’80, fase storica segnata da forti turbolenze culturali e identitarie.
La mostra è ospitata al terzo piano del museo e parte con due sezioni: “Street as Studio” e “Heroes and Saints”. Qui compaiono i suoi primi capolavori, il Basquiat diciassettenne che dipingeva i muri neworkesi con lo pseudonimo SAMO. “Untitled/Car Crash” e “Number 4”, ad esempio.
Proseguendo, nella Gallery 305, altri due temi: “Reclaiming Histories” e “Mirroring”, dove sono esposte opere legate al razzismo e che intrecciano i temi storici del colonialismo e schiavitù con quelli più attuali, come la brutalità della polizia contro i neri. La mostra si conclude con la Gallery 302, “Sampling and Scratching: Music, Words, and Collage”, dedicata a Charlie Parker e Martin Luther King, a dimostrazione che la musica esercitò una profonda influenza sull’artista.
I grandi dipinti e disegni esposti, presi in prestito da collezionisti privati, si riferiscono al periodo più prolifico di Basquiat, 1980-82, a celebrità raggiunta con il plauso di Wharol, che contribuì al successo della sua prima mostra personale, quando aveva solo 21 anni e riuscì a vendere tutto ciò che espose. Poi le amicizie con David Bowie e Madonna, con cui ebbe una relazione sentimentale. Tra i pezzi esposti, anche una vecchia polaroid che ritrae proprio la cantante a inizio anni ’80. Ci sono anche i vasi blu, dipinti dall’artista con Keith Haring e Larry Walsh.
Sono però i suoi primi anni, quelli della strada a formare culturalmente e artisticamente Basquiat. Quando scappa di casa per dormire su una panchina a Brooklyn e con suo amico graffitista inizia a spruzzare in notturna i muri di Manhattan, firmandosi con lo pseudonimo SAMO (Same old shit). Tutto lo ispirava: la musica, i libri, i fumetti, lo sport (la boxe era il suo chiodo fisso), il jazz, il rap, l’hip hop, il punk, la pop culture.
Il graffitismo visto dall’artista come autentica necessità espressiva: frasi erotiche, slogan politici, scrittura libera, impressi su quei muri che sono stati la sua prima vera opera d’arte. Una vena artistica innata, fatta di segni e simboli, astratti e concettuali, da cui emergono temi importanti come la denuncia della società dei consumi, delle divisioni razziali, dei pregiudizi, la ricerca di identità sociale. Tematiche che Basquiat affronta con immutato talento in tutte le forme d’arte che crea: dai graffiti metropolitani ai dipinti, dalle fotografie ai suoi quaderni personali, ai fumetti.
Organizzata dalla Art Gallery of Ontario in collaborazione con il Museo Guggenheim di Bilbao e curata da Dieter Buchart e Alvaro Fominaya, la mostra restituisce al visitatore tutto il genio di Basquiat, il suo cammino, umano e artistico, anche se breve, la sua crescita, i suoi incontri, la poliedricità della sua arte, eclettica e nomade. Per l’artista che trovava ispirazione da qualsiasi cosa ruotasse intorno a lui.
Info e dettagli: Museo Guggenheim di Bilbao
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