Gambero Rosso: le migliori pizzerie d’Italia 2016

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Inventata a Napoli nella seconda metà dell’Ottocento, la pizza è oggi, per definizione, una pietanza italiana conosciuta e apprezzata anche nel resto del mondo. In grado di abbattere differenze culinarie di interi popoli e paesi deve probabilmente il suo successo planetario alla semplicità: bastano pochi ingredienti per realizzare un impasto che si presta a infinite variazioni e gusti.

LA GUIDA 2016

pizzerie d'italia gambero rosso 2016

Pizzerie d’Italia Gambero Rosso 2016

La semplicità da sola non basta per fare un’ottima pizza. Lo sa bene il Gambero Rosso che, come ogni anno, anche per il 2016, ha stilato una guida con le migliori pizzerie d’Italia. Il criterio di selezione? Il massimo rispetto per il prodotto in ogni fase della lavorazione: dalla scelta delle farine alla lievitazione, fino alla selezione degli ingredienti, con un occhio di riguardo per pomodoro, mozzarella e olio.

Un vero e proprio viaggio lungo 304 pagine per assaporare, da Nord a Sud, le migliori pizze napoletane (fedeli alla tradizione), all’italiana (con varianti regionali), in teglia o gourmet.

Il Volume
Pizzerie d’Italia Gambero Rosso 2016
Anno 2015
Editore Gambero Rosso GRH
Acquistabile in edicola e nelle librerie

Le regioni vincitrici

Tra le regioni la Campania si conferma in prima posizione con il maggior numero di Spicchi (12). Seguono a sorpresa la Toscana (6) e il Lazio (5), leader per quanto riguarda la pizza in teglia, con cui si è aggiudicato ben 3 Tre Rotelle.

Le novità

Realizzata in collaborazione con il Consorzio Tutela Vino Bardolino Doc, Pizzerie d’Italia Gambero Rosso 2016 contiene interessanti novità, a partire dall’ingresso di sei new entry a cui vanno i famosi Tre Spicchi, il massimo riconoscimento.

Novità assoluta il premio riservato alla Migliore Pizzeria Gluten Free, assegnato a Il Guapo di Moiano in provincia di Benevento. Il titolo di Miglior Pizzaiolo Emergente (altra novità assoluta) va ad Alberto Morello, un esempio per molti giovani pizzaioli o aspiranti tali. Il ventisettenne della provincia di Padova, già tre volte campione del mondo di pizza senza glutine, per assecondare la sua passione e premiare la qualità dei suoi prodotti ha dotato la sua pizzeria di un orto, come recita il nome stesso: Gigi Pipa. Pizzeria con Orto. Il segreto della sua ricetta? Farina di riso, mais e patate, a cui aggiunge lievito di birra fresco, qualche addensante naturale e in alcuni casi uova e latte, per raggiungere il cosiddetto punto di pasta e renderla elastica.

I vincitori

I vincitori

I Premi Speciali

Previsti, infine, anche per quest’edizione i premi speciali: la Migliore Carta dei Vini e delle Birre, i Maestri dell’Impasto e le Pizze dell’Anno.

 

 

 

 

 

La Migliore Carta dei Vini e delle Birre

  • ‘O Scugnizzo – Arezzo
  • Libero Arbitrio – Maiolati Spontini (An)

I Maestri dell’Impasto

  • Graziano Monogrammi de La Divina Pizza – Firenze
  • Ciro Salvo di 50 Kalò – Napoli

Le Pizze dell’Anno

  • Pizza MorosetaQ.bio – Forlì
    Ingredienti: porcini, tartare di Mora Romagnola, Pecorino e spuma di uova
  • Pizza ProvocazioneLa Sorgente – Guardiagrele (Ch)
    Ingredienti: impasto di farina semi-integrale, bufala affumicata, cipolla rossa di Tropea, mandorle amare, miele di arancio e finocchietto selvatico
  • Pizza Margherita SbagliataPepe in Grani – Caiazzo (Na)
    Ingredienti: mozzarella con aggiunta, a cottura terminata, di salsa di pomodoro riccio e riduzione di basilico.

Per l’elenco completo delle Migliori Pizzerie d’Italia 2016 consulta il sito www.gamberorosso.it

LA FORMULA PER LA PIZZA PERFETTA

Non è da tutti essere i migliori pizzaioli sul mercato. Eppure le regole per la pizza perfetta sono poche. Basta seguirle. Parola di Luca di Massa, titolare della Pizzeria Vecchia Malga all’Aeroporto Marconi di Castenaso (Bo) e Fiduciario dell’Associazione Verace Pizza Napoletana per l’Emilia Romagna.

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Ingredienti

Un litro di acqua a temperatura ambiente
1,7 kg. di farina 00
50 g. di sale marino
1-3 g. di lievito

Lavorazione

L’impasto va lavorato per poco meno di mezz’ora e lasciato lievitare a temperatura costante per almeno 8 ore.

Per una pizza dietetica

Una pizza con meno calorie (fino al 30% in meno) è possibile. Basta non eccedere con l’impasto (non deve superare i 180 g.) e con i condimenti.

UN PO’ DI STORIA

Con più di quattrocento anni di storia, la pizza continua a mettere d’accordo intere generazioni di popoli. Senza mai passare di moda.

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Neolitico: il primo esemplare

In realtà, il primo antenato della pizza moderna risalirebbe al Neolitico. La cottura su pietra di polente di cereali macinati e tostati o di pane azzimo (senza lievito) si deve, infatti, all’insediamento stabile su un territorio delle prime popolazioni agricole. In altri termini, alla nascita dell’agricoltura.

Gli antichi Egizi e la scoperta del lievito

Al popolo egiziano si deve, invece, la scoperta del lievito, grazie al quale l’impasto “cresce” e diventa morbido, gustoso e digeribile.

L’ingegno culinario del Sud Italia

Con un balzo temporale di secoli (bisogna attendere il Seicento) la pizza comincia a prendere la forma con cui oggi la conosciamo. Per rendere più saporita la schiacciata di pane (pasta di pane cotta in forno a legna), i primi “pizzaioli” la condiscono con aglio, strutto e sale grosso e in alcuni casi con caciocavallo e basilico.

Dall’importazione del pomodoro alla Pizza Margherita

Con la scoperta del pomodoro e le prime importazioni dalle Americhe, intorno al 1750, la salsa comincia ad essere uno degli ingredienti disponibili in cucina. Bisogna però aspettare ancora un secolo e l’arrivo a Napoli della Regina Margherita prima che il pomodoro diventi, insieme alla mozzarella, un ingrediente basico della pizza.

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La Regina Margherita

La data di nascita ufficiale: 1889

La nascita ufficiale della “pizza moderna” si deve a Raffaele Esposito, titolare, insieme a sua moglie Maria Giovanna Brandi, della pizzeria Pietro … e basta così (Na).

In occasione dell‘arrivo a Napoli degli allora sovrani d’Italia, Re Umberto I e Regina Margherita, la storia narra che il migliore pizzaiolo dell’epoca, Raffaele Esposito appunto, realizzò per loro tre pizze: la “Mastunicola” (strutto, formaggio e basilico), la “Marinara” (pomodoro, aglio, olio e origano) e la “Pomodoro e Mozzarella” (pomodoro, mozzarella, olio e origano), i cui colori richiamavano appositamente il verde, il bianco e il rosso della bandiera italiana.

La regina rimase particolarmente entusiasta per quest’ultima tanto da voler ringraziare direttamente il pizzaiolo. Esposito per ricambiare decise di dare un nome alla sua invenzione, quella che oggi tutti conoscono nel mondo come Pizza Margherita.

Il documento di ringraziamento, scritto dal Capo dei Servizi di Tavola della Casa Reale, in data 11 giugno 1889, e ancora oggi esposto nella storica pizzeria napoletana, così recitava:

Capodimonte, 11 giugno 1889

Pregiatissimo Sig. Raffaele Esposito (Brandi)
Le confermo che le tre qualità di Pizze da Lei confezionate
per Sua Maestà la Regina
Vennero trovate buonissime.

Mi creda di Lei Devotissimo
Galli Camillo
Capo dei Servizi di Tavola della Real Casa

La pizza nel mondo e nel resto d’Italia

Già, a fine Ottocento, con la prima ondata migratoria degli italiani verso gli Stati Uniti la pizza comincia ad essere apprezzata oltreoceano. Dopo la seconda guerra mondiale, supera anche i confini dell’Italia meridionale per sbarcare a Milano, Torino e Genova, le città del cosiddetto triangolo industriale. Qui molti campani, siciliani, pugliesi e calabresi hanno portato con sé, insieme alla speranza di un futuro migliore, usi e costumi delle proprie regioni.
In quegli stessi anni, la pizza inizia ad essere prodotta e consumata anche a livello industriale grazie alla catena statunitense Pizza Hut.

Da allora è inutile dire che la pizza non conosce più confini.

Curiosità: la Pizzeria Pietro … e basta così oggi

 

pizzeria brandi napoli

L’attuale Pizzeria Brandi

La pizzeria Pietro … e basta così deve il suo nome a uno dei primi proprietari: Pietro Colicchio, meglio noto come “Pietro il pizzaiuolo”. Alla sua morte, non avendo figli, la pizzeria passa nelle mani di Enrico Brandi e successivamente di sua figlia Maria Giovanna, futura sposa di Raffaele Esposito. Alla morte dei coniugi la pizzeria è ereditata dai nipoti di lei: Giovanni e Pasquale Brandi. Nonostante la nascita di quattro bambini dal matrimonio di Pasquale Brandi con Anna Pagliarulo, la pizzeria è oggi di proprietà di Vincenzo Pagnani. Pasquale Brandi, nelle vesti di aiutante, continua a portare avanti quella che ormai non è solo una tradizione di famiglia, ma una vera e propria tradizione culinaria inter-nazionale.

pizzeria brandi napoli

Info e prenotazioni

Antica Pizzeria della Regina d’Italia – Brandi (proprietà Pagnani)
Salita S. Anna di Palazzo, 1-2 (Angolo Via Chiaia), Napoli
Tel. 081 416928
email: info@brandi.it
sito web: www.brandi.it

LA PIZZA PATRIMONIO DELL’UMANITÀ?

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La pizza napoletana è stata ufficialmente riconosciuta dall’Unione Europea, il 4 febbraio 2010, Specialità Tradizionale Garantita. L’obiettivo, oggi, è assicurarle un riconoscimento anche a livello internazionale, in modo da salvaguardare un prodotto e un pezzo di storia tutta italiana.

Dopo la decisione della Commissione Italiana Unesco, lo scorso 26 marzo, di candidare l’Arte dei Pizzaiuoli Napoletani a bene immateriale patrimonio dell’umanità, la Coldiretti, insieme alla fondazione UniVerde e all’associazione Pizzaiuoli Napoletani ha lanciato, in occasione del Napoli Pizza Village (1-6 settembre), una campagna di sensibilizzazione a livello internazionale volta al raccoglimento di un milione di firme.

Il riconoscimento dell’Unesco – dichiara Coldiretti – avrebbe un valore straordinario per l’Italia che è il Paese dove è più radicata la cultura alimentare e la pizza rappresenta un simbolo dell’identità nazionale“. Tale riconoscimento tutelerebbe un business che solo nel Bel Paese ha raggiunto i 10 miliardi di euro e dato lavoro ad oltre 150mila persone. Non solo, difenderebbe anche un pezzo della nostra storia dalla concorrenza sleale, in una situazione in cui anche in Italia quasi due pizze su tre (63%) sono ottenute da un mix di farina, pomodoro, mozzarella e olio provenienti da migliaia di chilometri di distanza senza alcuna indicazione e tutela per i consumatori.

Se il negoziato, che coinvolge più di 160 Paesi, dovesse pronunciarsi, entro il 15 novembre 2015, a favore del prestigioso riconoscimento, l’Arte dei Pizzaiuoli Napoletani diventerebbe il settimo tesoro italiano iscritto nella lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale Unesco, che complessivamente conta già 348 elementi.
Gli altri sei tesori italiani iscritti sono: l’Opera dei Pupi (2008), il Canto a Tenore (2008), la Dieta Mediterranea (2010), l’Arte del Violino a Cremona (2012), le macchine a spalla per la processione (2013) e la vite ad alberello di Pantelleria (2014).

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