In mostra fino al 15 novembre, al piano nobile del Palazzo Reale di Milano, La Grande Madre: la rassegna, a cura di Massimiliano Gioni, frutto della collaborazione tra il Comune di Milano, la Fondazione Nicola Trussardi e Palazzo Reale.
Allestita su circa duemila metri quadri di superficie in una delle sedi espositive più visitate d’Italia, La Grande Madre, attraverso le opere di 127 artisti provenienti da tutto il mondo, offre al pubblico la possibilità di abbandonarsi a un viaggio lungo un secolo, il Novecento, per guardare alla maternità e riflettere sul ruolo della donna nella società di ieri e di oggi.
Dalle veneri paleolitiche alle “cattive ragazze” del post-femminismo, la mostra non ruota solo intorno alla figura femminile e alla sua tradizionale funzione di procreatrice, ma punta soprattutto a far riflettere sull’evoluzione della condizione e del ruolo della donna nell’arco di un secolo. Una rassegna che gira intorno al potere negato e conquistato dalle donne nel Novecento, per arrivare oggi ad avere una diversa consapevolezza di quanto è stato fatto e quanto ancora è da fare, perché si possa davvero parlare di parità dei sessi, nell’arte come in molti altri settori. “Nonostante gli enormi passi avanti fatti negli ultimi decenni – dichiara Beatrice Trussardi, Presidente della Fondazione Nicola Trussardi – molti sono i pericoli che minacciano di rallentare o ostacolare il percorso di emancipazione femminile”.
Le avanguardieLa mostra si apre con figure di divinità preistoriche, veneri, matrone, idoli femminili e madri estrapolate dal vasto archivio iconografico di Olga Fröbe Kapteyn. Lo stesso che ha ispirato psicologi e antropologi come Jung e Neumann.
L’immagine didascalica della maternità, quella di fine Ottocento, la ritroviamo nelle opere di Gertrude Käsebier. Mentre vuole dare risalto all’importanza del ruolo nella storia del cinema di Alice Guy Blaché, la prima regista di sesso femminile, lo spazio dedicato al suo film, la Fatina dei Cavoli (1869).
Arricchiscono questa prima ampia sezione della mostra i disegni e le incisioni di Alfred Kubin e Edvard Munch, figli del proprio tempo e di Freud. Dai loro lavori emerge, infatti, la tesa e complicata relazione tra madre e figlio che Sigmund aveva sintetizzato nel complesso di Edipo. Quasi a conferma della teoria del padre della psicanalisi una foto del 1905 che lo ritrae insieme a sua madre. Futurismo, Dadaismo, Surrealismo
Il percorso espositivo prosegue con una macro sezione che passa in rassegna la partecipazione delle donne alle avanguardie storiche, dal Futurismo al Dadaismo fino al Surrealismo. Valentine de Saint-Point, Regina, Benedetta, Mina Loy, Rosa Rosè attraverso i loro lavori anticipano, a inizio secolo scorso, la riappropriazione del corpo e la rivendicazione dei propri diritti da parte delle donne, leitmotiv alla base dei movimenti femministi degli anni a seguire.
Il profondo contrasto fra le forze riformatrici e quelle repressive dei primi trent’anni del Novecento è evidente anche nelle opere dadaiste. Nelle sale dedicate si passa dalle macchine celibi di Duchamp alle bambole meccaniche di Emmy Henning, fino alle performance di Elsa von Freytag-Loringthoven che, sottovoce, rivendica la maternità della celebre Fontana Duchampiana.
Per celebrare la donna nel Surrealismo Gioni ha selezionato le opere di artiste come Frida Khalo, Dorothea Tanning, Lee Miller, donne che hanno lottato per l’emancipazione e l’affermazione dei propri diritti e troppe volte sono state relegate all’ombra dei colleghi maschi.
Gli anni delle contestazioni
Libertà sessuale, maternità, parità dei sessi sono il fil rouge degli anni Sessanta e Settanta e al centro delle opere di artiste quali Louise Bourgeois, Magdalena Abakanowicz, Anna Maria Maiolino, Ana Mendieta e molte altre, che spesso affiancano il corpo e la figura femminile alle forze della natura e della terra.
Sono sempre questi gli anni di Yoko Ono e Joan Jonas, che descrivono lo spazio domestico come un luogo di soprusi, evidenziando l’importanza dell’uguaglianza di genere anche tra le pareti domestiche e in famiglia.
Si scagliano contro una definizione classica di donna, quella creata e diffusa dai media per l’esattezza, artiste come Barbara Kruger e Ketty La Rocca che, attraverso i loro collage, dichiarano guerra a slogan e messaggi superficiali e offensivi nei confronti del “sesso debole”.
Dagli Ottanta ai giorni nostri
La mostra prosegue negli anni e propone le realizzazioni di Cindy Sherman, Rosemarie Trockel e altre artiste attive negli Ottanta. Le loro opere rivendicano il ruolo della donna prendendo in prestito riferimenti iconografici dall’arte classica e religiosa.
Sarah Lucas, Marlene Dumas, Nicole Eisenman, Keith Edmier e molte altre danno voce alla maternità e alle donne degli anni Novanta con stili e opere molto diversi tra loro. Da Pipilotti Rist, che mescola pittura barocca e videoclip insieme dando vita a un affresco elettronico che illumina una delle sali di Palazzo Reale, a Rachel Harrison, che documenta le apparizioni della Madonna in un sobborgo di provincia americana.
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