Squali, sono davvero il terrore dei mari?

 

Quella non è stata l’opera di un’elica. Non è stato un fuoribordo, né sono stati gli scogli. E nemmeno Jack lo squartatore! …È stato uno squalo. (Matt Hooper nel Film “Lo Squalo”)

Un film capolavoro ci ha insegnato a odiarli, a chiamarli mostri e a considerarli il vero terrore dei mari. Ma è davvero così? Gli squali sono tanto pericolosi?

lo squalo

Dal Film Lo Squalo

Il blockbuster estivo del 1975 – Lo Squalo – diretto da Steven Spielberg, rimasto per diverso tempo il film di maggior incasso della storia, ha contribuito a diffondere nell’immaginario collettivo l’etichetta di ‘cattivi’ dei mari, spietati predatori in cerca di sangue e vittime da squarciare per il gusto di uccidere. Al punto da scatenare psicosi e una vera caccia alle streghe, con spedizioni nei mari Usa, australiani e del Sudafrica. Davvero una pessima reputazione.

E pensare che a livello globale, tra le circa 500 specie di squali riconosciuti, sono pochi quelli pericolosi per l’uomo:

poco più di una ventina secondo il Global Shark Attack File, un progetto di ricerca nato, all’interno dello Shark Research Institute, per studiare e fornire dati sull’interazione uomo-squalo. Tra questi lo squalo bianco, lo squalo tigre, lo squalo toro, la specie limone, lo squalo blu, quello dello Zambesi, lo squalo verdesca. E altre poche specie sono coinvolte in attacchi diretti all’uomo o barche.

Certo negli ultimi anni attività di monitoraggio sono state avviate, a seguito di un aumento di casi di attacco, che comunque restano decisamente contenuti rispetto ad altri incidenti mortali per l’uomo.

Si pensi che nel 2015 solo 98 casi di incidenti non provocati, 6 dei quali mortali, sono stati registrati, secondo l’International Shark Attack File, 59 dei quali negli Stati Uniti con picchi in Florida e Carolina. Poi l’Australia con 18 attacchi, il Sudafrica con 8 casi. E poi due incidenti alle Canarie e 2 alle Galapagos. Sono 26 casi in più rispetto al 2014 e il record più alto dal 2000. I surfisti sono la categoria più colpita dalle mascelle di squalo (49% dei casi), più dei nuotatori (45%) e degli appassionati di Snorkeling (9%).

Numeri che non parlano però di aumento del rischio. La possibilità che ognuno di noi venga attaccato da uno squalo resta comunque remota secondo l’ISAF in capo al Florida Museum of National History. I numeri crescono, secondo il rapporto ISAF curato da George H Burgess, perché aumenta il tempo che le persone trascorrono in acqua in attività ad alto rischio, come il surfing e le immersioni ed è aumentata la popolazione mondiale. Di conseguenza il rischio cresce.

Anche il Mediterraneo ha i suoi squali. Circa una quarantina le specie accertate, tra cui pescecani o squali bianchi (che si riproducono a largo del Canale di Sicilia), squali angelo, elefante. Quest’ultimo un gigante innocuo, che si nutre di plancton e raggiunge i 10 metri di lunghezza. E lo squalo azzurro, detto verdesca, il più frequente nel Mediterraneo.

Nelle statistiche dei rari attacchi in questa regione, compare lo squalo bianco, con l’ultimo incidente confermato accaduto a Valencia nel 1993. Sempre l’International Shark Attack File registra solo 55 attacchi di squalo nel Mediterraneo negli ultimi 150 anni.

Più che l’uomo, a essere in pericolo in mare sembra proprio, lui il mammifero più temuto. In pericolo a causa della pesca intensiva, delle credenze popolari (in particolare cinesi) che ritengono la cartilagine di squalo miracolosa e curativa, che ha portato a un’impennata nella domanda di prodotti ricavati da essa. Cento milioni di esemplari uccisi e vittime delle reti da pesca ogni anno nel mondo, secondo uno studio della Dalhousie University in Canada.

Parla di approccio umano sbagliato Emilio Sperone dell’Università della Calabria, in un’intervista a Geo&Geo: “Non riusciamo a capire che noi siamo ospiti nel loro ambiente e spesso un attacco o un’interazione aggressiva siamo noi a provocarla perché facciamo qualcosa di sbagliato. Come tutti gli animali, gli squali non sono né buoni né cattivi, ma vivono secondo il loro istinto”.

 

Fonti: International Shark Attack File, Shark Research Institute, Bilogiamarina.eu

 

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