Roma. I Fori dopo i Fori, una mostra per raccontare la vita quotidiana degli antichi romani

I FORI DOPO I FORI è la mostra inaugurata il 30 marzo ai Mercati Traianei a Roma.

Il più grande complesso archeologico dell’antichità è stato oggetto di numerosi scavi negli ultimi 25 anni.
Questi ultimi hanno portato alla luce l’oggettistica che racconta la vita quotidiana di chi vi ha vissuto dopo l’epoca romana. 

Allestimento mostra

 

310 reperti archeologici tra forchette, cucchiai, collane, occhiali, frammenti di vasi, piatti finemente decorati: ogni ritrovamento è lì a testimoniare il fatto che i Fori abbiano continuato a vivere dopo il crollo dell’Impero, in epoca medioevale e rinascimentale. 

Allestimento mostra

Qui, già prima del fatidico Anno Mille, erano sorti diversi nuclei di abitato e alcune piccole chiese.
Il paesaggio urbano cambiò nuovamente alla fine del XVI secolo, quando nella zona furono avviate operazioni di bonifica dei terreni seguite dalla nascita di un tessuto urbano ordinato: il Quartiere Alessandrino, chiamato così dal soprannome del cardinal Michele Bonelli, che ne promosse la realizzazione. 

La rassegna, aperta fino al prossimo 10 settembre, intende porre l’attenzione sulla stratificazione che ha interessato bene o male tutta l’area dei Fori Imperiali.

Tra i vari reperti, spunta pure uno scatto d’epoca che documenta la vista poco prima degli sventramenti effettuati durante il Ventennio fascista.
C’erano ad esempio un palazzo alto 4 piani tra la Basilica Ulpia e la Via Alessandrina, insegne di negozi e persone affaccendate. 

La mostra è composta da 4 sezioni, rispettivamente dedicate agli oggetti della vita quotidiana, ai vasai del Rinascimento, agli abitanti famosi e infine alle Chiese e i conventi. 

  1.  GLI OGGETTI DELLA VITA QUOTIDIANA, si articola in diverse sottosezioni. In apertura è possibile ammirare una varietà di contenitori in ceramica la cui evoluzione, nella forma e nella decorazione, segue il gusto e la moda dei tempi. A seguire alcuni oggetti di grande interesse rinvenuti all’interno dei pozzi annessi alle abitazioni, tra cui una coppia di brocche del X secolo e una carrucola con il suo secchio, entrambi in legno, utilizzati per attingere acqua da un pozzo addossato alla chiesa di Sant’Urbano al Foro di Traiano e databili all’inizio del Cinquecento.

Particolarmente suggestivi sono due tesoretti, probabilmente sotterrati dai loro proprietari, rimasti anonimi: il più antico è stato rinvenuto nel Foro di Nerva e risale al XII-XIII secolo; l’altro, databile al 1550 circa, è stato ritrovato nell’area del Foro di Traiano, con le monete ancora nascoste dentro tre brocche in ceramica. Non mancano le testimonianze degli ultimi abitanti del Quartiere Alessandrino che, allontanati dalle loro case destinate alla demolizione, qui lasciarono, o persero, oggetti minuti come occhiali, bottoni, posate, rasoi e utensili, ritrovati negli strati più superficiali e nei riempimenti delle case rase al suolo.

In una vetrina sono conservate memorie del lavoro del Medioevo: resti di ossami animali per realizzare bottoni o pedine da gioco e il raro frammento di uno stampo da orafo, risalente al Duecento e utilizzato per produrre placchette o fibbie in metallo, con la doppia immagine incisa, sui due lati, di un cavaliere e di una figura con tunica, forse un angelo.

2 I VASAI DEL RINASCIMENTO.
Tra XV e XVI secolo almeno tre botteghe di vasai si insediarono nell’area del Foro di Traiano. Appartenevano a uno di questi artigiani – il cui nome è stato svelato dalle ricerche archivistiche: Giovanni Boni da Brescia – l’abitazione e la fornace per maioliche, ben conservate.
Si tratta senz’altro di un ritrovamento eccezionale: lo studio della fornace e della gran quantità di scarti di fabbricazione – che Giovanni aveva sepolto in più punti dell’area e che gli archeologi hanno recuperato dopo cinque secoli – ha restituito numerosi dettagli sul percorso produttivo.
Si può curiosare tra strumenti per infornare e forme mal cotte o scartate insieme a prove di disegno su ceramiche non finite e a conti di bottega incisi o dipinti sui recipienti ancora freschi.

3. GLI ABITANTI FAMOSI. Illustri protagonisti della vita culturale e artistica hanno prediletto questa zona e vi hanno fissato la propria residenza, abitando in dimore che le vicende urbanistiche dei tempi più recenti hanno cancellato.

Raccontati attraverso pannelli esplicativi e immagini, ecco alcuni di questi: Giotto presso Tor de’ Conti, Michelangelo e Giulio Romano a Macel de’ Corvi, i Longhi e Flaminio Ponzio su Via Alessandrina, i Fontana ancora su Via Alessandrina e presso la Colonna di Traiano, fino a Mario Mafai e Antonietta Raphaël, animatori della Scuola di Via Cavour nel loro attico di Palazzo Nicolini accanto – quasi a chiudere il cerchio – ancora a Tor de’ Conti. E, ancora, quest’area ospitava il giardino di antichità di Joahnn Goritz, prelato e raffinato intellettuale della Roma rinascimentale. A poca distanza, verso la fine del XVI secolo il cardinale Alessandrino fece realizzare la sua ricca residenza, oggi Palazzo Valentini. Ed è su Via Alessandrina che l’antiquario Francesco Martinetti dimorava: in fase di demolizione, nel 1933, gli operai rinvennero, nascosta in un muro della sua casa, una quantità straordinaria di monete e di gioielli antichi, il celebre Tesoro di Via Alessandrina, conservato nel Medagliere Capitolino e adesso in parte esposto nel Museo dei Fori Imperiali, eccezionalmente, proprio in occasione di questa mostra.

4. CHIESE E CONVENTI. Il racconto scorre attraverso l’esposizione di notevoli esempi di decorazione marmorea altomedievale contrapposti alla semplicità delle ceramiche conventuali e degli oggetti di vita quotidiana ritrovati in corrispondenza degli edifici sacri.

Dal Complesso di Sant’Eufemia provengono, ad esempio, numerose medagliette devozionali, che un’ipotesi suggestiva propone di identificare in segni di riconoscimento applicati alle bambine lasciate nella ruota del Conservatorio delle Zitelle. Questo sorgeva annesso alla chiesa e arrivò a ospitare nel XVII secolo fino a 400 orfanelle: le zitelle, le piccole zite, come erano chiamate le bambine nel dialetto romano del tempo.

Dal giardino di Sant’Urbano proviene uno degli oggetti più particolari: una rarissima placchetta di pellegrinaggio raffigurante San Nicola di Bari (XII-XIV secolo). Qui sono state recuperate anche statuine di terracotta che, già nel Seicento e nel Settecento, impreziosivano i presepi delle religiose e oggetti di vita quotidiana come rosari, spille e corredi per il cucito, usati dalle monache.

Esemplificativi della decorazione scultorea delle chiese più antiche della zona sono tre interessanti bassorilievi scolpiti con le decorazioni tipiche dell’epoca. A essi si affianca una lastra funeraria frammentaria di ignoto, del principio del XV secolo.

“E oggi quest’area è destinata a cambiare ancora, gli scavi di ampliamento del Foro di Cesare metteranno fine a via dei Fori Imperiali così come la conosciamo. E’ questione di pochi mesi, l’inizio dei lavori è previsto per fine anno” ha spiegato Claudio Parisi Presicce, ideatore dell’Esposizione a La Repubblica del 30 marzo.

L’esposizione è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, è ideata da Claudio Parisi Presicce e Roberto Meneghini e curata da Roberto Meneghini e Nicoletta Bernacchio, con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura.

Info: www.mercatiditraiano.it

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