L’idillio tra sogno e colore di Mirò in mostra a Bologna

 

“Le cose più semplici mi danno delle idee. Il rumore dei cavalli nella campagna, le ruote di legno di carri che cigolano lungo la strada, il suono di passi, grida nella notte, grilli” – Joan Mirò

Proprio questo ha fatto di Mirò l’artista che è stato. L’amore per le cose semplici protetto da un profondo attaccamento alle sue radici che lo porteranno, alla fine di tutto, a chiudere il cerchio nell’isola madre che tanto lo ispirerà nell’anima e sulla tela: Maiorca. Il luogo ideale per inebriarsi di natura e di vita. Il vivere dei contadini, le luci e i colori del Mediterraneo saranno per lui grandi fonti d’ispirazione. Quegli stessi colori esplorati dalla mostra bolognese MIRÓ! Sogno e colore, allestita a Palazzo Albergati fino al prossimo 17 settembre.

Trasgressivo, anticonformista e selvaggio, l’artista catalano per tutta la vita ha affiancato alla sua anima più contemplativa una poetica unica, sfuggendo alla banalità e al convenzionalismo, dando vita a un linguaggio artistico universale ma allo stesso tempo unico e personale.

Un codice artistico proprio del genio catalano, perfettamente riconoscibile nelle 130 opere esposte, tra cui 100 olii, che raccontano a Bologna la sua storia che si intreccia con quella variopinta e fascinosa dell’isola di Maiorca, dove Miró visse dal 1956 fino alla morte nel 1983.

Maiorca dove oggi Mirò è più vivo che mai, negli spazi della sua casa-studio dove ha sede la Fondazione Pilar e Joan Miró – da dove provengono gran parte delle opere esposte a Palazzo Albergati – e dove è gelosamente custodita una collezione donata dall’artista e da sua moglie, che conta 5000 pezzi e che conserva ancora pennelli, tavolozze e attrezzi del mestiere rimasti lì dal giorno in cui è morto, come lui li aveva lasciati.

La tecnica di Mirò, il profondo attaccamento alle sue radici e identità, la continua ricerca di novità: queste le chiavi per comprendere capolavori come Femme au clair de lune (1966), Oiseaux (1973) e Femme dans la rue (1973) oltre a schizzi – tra cui quello per la decorazione murale per la Harkness Commons-Harvard University – tutti provenienti da Palma di Maiorca, tutti esposti a Bologna per raccontare la sperimentazione ricercata da Miró all’interno delle principali correnti artistiche del ventesimo secolo come il Dadaismo, il Surrealismo e l’Espressionismo.

Un percorso che si snoda sugli ultimi trent’anni di carriera, che non devono però far dimenticare l’inizio del suo percorso artistico, quando ancora Joan era bambino e già allora si mostrava al mondo prodigio, disegnando un primo olio – un paesaggio – ed esponendo appena diciottenne alla VI Mostra internazionale d’arte di Barcellona.

L’impressionismo, il fauvismo e il cubismo sono gli stili a cui si rifà nelle sue prime opere. È stato il suo primo viaggio a Parigi nel 1920 a farlo avvicinare al dadaismo e poi al surrealismo. Nove anni dopo sposerà Pilar a Palma di Maiorca e in quegli stessi anni inizia a giocare sperimentando l’arte, cimentandosi nelle litografie, nelle sculture, nella pittura su carta catramata. Un’esplosione di creatività che l’artista affiderà definitivamente al paesaggio delle Baleari.

Desidera sempre di più la stimolante tranquillità della campagna, un posto dove potersi dedicare liberamente al suo lavoro. Per questo, allo scoppio della guerra civile, dopo un esilio in Francia fino al ‘42, trova rifugio a Maiorca, terra d’origine di sua madre, dove si trasferisce definitivamente nel 1965. Son Abrines diventa la sua casa, il luogo dove decide di costruire il suo studio tanto desiderato, affidandone il progetto all’amico e architetto Josep Lluí Sert.

Quella bolognese è un eccellente occasione per conoscere da vicino tutti questi aspetti del genio catalano. Un allestimento – organizzato dal Gruppo Arthemisia in collaborazione con la Fondazione Pilar e Joan Miro di Maiorca, diretto da Francisco Copado Carralero e vede come curatore scientifico Pilar Baos Rodríguez –  che si sviluppa in 5 sezioni pronte a rivelare l’ultimo ciclo creativo di Mirò, quello più dinamico e forse anche meno conosciuto.

Le Radici (prime sezione), quelle che lo legano in modo indissolubile alla natura, perfettamente ritrovata trasferendosi nella quiete di Palma di Maiorca, che diventa il suo centro spirituale.

Da questo scaturisce così la passione per la grandiosità delle manifestazioni artistiche delle culture primitive e per la pittura rupestre; i Moai dell’Isola di Pasqua e l’arte pre-colombiana con la loro verticalità e monumentalità; gli affreschi romanici della Catalogna che gli trasmettono l’idea di astrazione e ricchezza cromatica.

E poi le principali influenze artistiche di Mirò (seconda sezione), dalla poesia alla filosofia orientale fino all’estetica. Una terza sezione è poi dedicata agli ambienti di Maiorca in cui creava le se meraviglie:

Il suo amato e desiderato laboratorio Sert progettato dall’amico architetto. Quello che oggi ospita una moltitudine di tele non finite che creano una speciale atmosfera di colori e forme. Proprio in questo studio Miró realizza più di un terzo di tutta la sua produzione artistica. Ma nel 1959 Miró si sposta in una tipica e grande casa di campagna maiorchina del Settecento, Son Boter, dove sperimenta la scultura monumentale e dipinge le opere più grandi, trasportandoci in un mondo lontano, primitivo che evoca le pitture rupestri, prive di composizione.

Anche la metamorfosi plastica (quarta sezione) trova spazio a Palazzo Albergati, quando l’artista mette da parte la pittura per concentrarsi sulla ceramica, sull’incisione e sulla litografia. Per finire poi con il vocabolario di forme di Mirò (quinta sezione), la fase finale della sua produzione, quando Miró riduce notevolmente i motivi iconografici per raccontarci invece di un solido universo e le sue stelle, di nude linee femminili e di figure falliche, di personaggi ibridi in opere costellate da teste, occhi e uccelli.
L’opera di Joan Miró ha aperto la strada a una nuova concezione della pittura basata su un linguaggio visivo, fisico e materico, e su codici pittorici innovativi che portarono un importante cambiamento nella pratica artistica contemporanea, dando una direzione nuova all’arte del XXI secolo e influenzando le generazioni successive di pittori, scultori e incisori in tutto il mondo.

Info utili:

Titolo
MIró! Sogno e colore

Sede
Palazzo Albergati
Via Saragozza, 28
40123 Bologna

Date al pubblico
11 aprile 2017 – 17 settembre 2017

Orario apertura
Tutti i giorni dalle 10.00 alle 20.00

Biglietti
Intero € 14,00
Ridotto € 12,00

 

Credits: Arthemisia Group

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