Bocciato dal Tar il progetto del ministro Franceschini al Parco del Colosseo

Parco del Colosseo

 

Il Tar del Lazio ferma la super struttura che doveva accorpare il Parco archeologico del Colosseo: dall’Anfiteatro Flavio alla Domus Aurea, dai Fori al Palatino. Si trattava di un piano voluto dal ministro della Cultura Dario Franceschini.

Stop anche al concorso internazionale che avrebbe dovuto indicare il nuovo direttore manager entro fine mese.

Parco del Colosseo bocciato dal Tar il progetto Mibact

Sul Parco archeologico del Colosseo, la ciliegina sulla rivoluzione del Mibact del ministro Dario Franceschini, piomba il “niet” del Tar del Lazio. Stop quindi alla super struttura che doveva accorpare i tesori dell’archeologia romana: dall’Anfiteatro Flavio alla Domus Aurea, dai Fori al Palatino. E stop anche al concorso internazionale che entro fine mese avrebbe dovuto indicare il nuovo direttore manager. Questa volta, se possibile, lo schiaffo inferto dalla magistratura amministrativa al titolare del Collegio Romano è più doloroso di quello arrivato sulla riforma dei musei e la nomina dei direttori dei supermusei, stranieri in testa. Almeno nei toni, perché i giudici non sembrano essersi risparmiati. Nelle 36 pagine del dispositivo, le toghe della seconda sezione quater citano la Costituzione e poi affondano il colpo: sulla gestione recente dell’Anfiteatro Flavio ravvisano la «violazione del principio della leale collaborazione tra enti». Di più: per il Tar, «le disposizioni di legge non hanno attribuito al ministro alcun potere di creare un nuovo ufficio dirigenziale generale». Secondo i giudici quello di Franceschini è stato un colpo di mano: «La nuova configurazione – si legge nella sentenza – avrebbe comportato la perdita per la città di Roma di gran parte dei proventi del Colosseo».

Ora, annullato il decreto del Mibact del 12 gennaio, torna tutto come prima. Riecco la Soprintendenza speciale per il Colosseo di Francesco Prosperetti. Mentre Federica Galloni, la direttrice ad interim del Parco archeologico, tornerà alla direzione dell’Arte contemporanea. A festeggiare, quindi, è il Campidoglio. Per la sindaca Virginia Raggi e per il suo vice Luca Bergamo, la battaglia per il Colosseo era diventata un faccia a faccia tra M5S e Pd. Un braccio di ferro vinto. Almeno per ora. Perché la sentenza con cui sono stati accolti il ricorso di Palazzo Senatorio e della Uiltucs Bact nelle prossime ore sarà impugnata dall’avvocatura dello Stato.

Con tanto di richiesta di immediata sospensione degli effetti della decisione del Tar del Lazio, i legali del governo e i tecnici del Collegio Romano torneranno alla carica in appello. Inequivocabile, in questo senso, il tweet del ministro Franceschini: «Lo stesso Tar dei direttori stranieri boccia il Parco archeologico del Colosseo». Poi lo sfogo con i collaboratori: «Fatico a capire perché 31 musei e parchi archeologici, dagli Uffizi a Pompei alla Reggia di Caserta, vadano bene e il 32esimo, giuridicamente identico agli altri, invece no». L’ultima parola sul Colosseo spetterà, dunque, al Consiglio di Stato. Agli stessi magistrati chiamati a esprimersi il 15 giugno sulla modalità della nomina dei direttori. Potrebbero decidere di investire della questione anche la Corte costituzionale. La battaglia non è ancora chiusa. In ballo c’è soprattutto la ripartizione degli incassi del monumento più redditizio d’Italia (6,4 milioni di accessi nel 2016 per 60 milioni di euro di entrate). E la possibilità di tirare uno sgambetto all’avversario. Lo sa bene la sindaca Virginia Raggi, che ha twittato: «Roma resta di tutti. Sconfitto il tentativo del Governo di gestire in totale autonomia e senza concertazione il patrimonio culturale della nostra amministrazione ». A patto che in appello la sentenza non venga ribaltata.

 

 

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