Dalle sue mani sono uscite cose divine.
Fëdor Michajlovič Dostoevskij
Si è inaugurata lo scorso 27 gennaio la mostra “Raffaello e l’eco del mito” a Bergamo nelle sale della GAMeC, con un’appendice all’interno della Pinacoteca Carrara.
Bergamo anticipa così di due anni i festeggiamenti per i 500 anni dalla morte del grande pittore di Urbino.
La mostra Raffaello e l’eco del mito partendo dal San Sebastiano, capolavoro del giovane artista e presente nelle collezioni dell’Accademia di Carrara, mira a restituire un quadro esaustivo della formazione di Raffaello, ripercorrendo la fortuna dell’artista a partire dall’Ottocento, quando il prezioso dipinto giunge a Bergamo.
Il percorso espositivo, che conta 60 opere, comincia con un’indagine sulle radici culturali di Raffaello, attivo tra Urbino, Perugia e Siena.
Il clima della raffinata corte dei Montefeltro a Urbino, la capacità dell’artista di rielaborare le suggestioni provenienti dai colleghi e dall’antico in un suo linguaggio di alto valore artistico sono evocate in mostra attraverso le opere del padre Giovanni Santi, di Pedro Berruguete, di Perugino e di Pintoricchio, che si confrontano con ben dodici dipinti di Raffaello provenienti da musei nazionali e internazionali.
Raffaello è figlio di Giovanni Santi (da cui “Sanzio”) un importante artista urbinate. Da lui Raffaello impara l’amore per l’arte, ma la sua vita cambia bruscamente e drammaticamente nel volgere di pochi anni. Nel 1501 perde la madre e dopo soli tre anni al giovane artista viene a mancare anche il padre, rimanendo orfano all’età di soli 11 anni.
Si trasferisce a Perugia e dove diventa apprendista del Perugino. Dimostra da subito un talento fuori dal comune, tanto che a soli diciotto anni riceve incarichi di prestigio da importanti signori del tempo. È in questi anni che stringe amicizia con il Pinturicchio, molto più grande di lui.
Raffaello non era solo un incredibile artista, ma era anche un uomo molto amato dalle donne. In mostra a Bergamo il famoso ritratto La Fornarina (1518-1519) che, secondo alcuni, ritrae una delle numerose amanti del giovane artista.
Tra le opera in mostra anche la celebre Madonna Diotallevi (1502) una delle numerose “Madonne con bambino” che hanno reso celebre l’artista urbinate. Secondo alcuni storici la scelta di questo soggetto pare strettamente legata alla perdita della madre in giovane età.
Nel 1504, quando Raffaello esegue lo Sposalizio della Vergine (Milano, Pinacoteca di Brera), è già un artista affermato; alla fine dello stesso anno si trasferisce a Firenze dove ha modo di aggiornarsi sulle ricerche Leonardo, Michelangelo, che rielabora in una serie di madonne col bambino di destinazione privata. Nel 1507 firma la Deposizione Baglioni (Roma, Galleria Borghese), capolavoro giovanile considerato il punto di arrivo di una intera stagione di studio e sperimentazione.
Nel 1509 giunge a Roma papa Giulio II che aveva messo in atto una straordinaria opera di rinnovo urbanistico e artistico sia della città che del Vaticano, coinvolgendo artisti come Bramante e Michelangelo. Il primo incarico è per gli appartamenti vaticani, a cui fanno seguito una serie di commissioni da parte del pontefice o di personaggi legati alla corte pontificia. Nel 1514 Raffaello eredita da Bramante, da poco scomparso, la responsabilità di dirigere i lavori della fabbrica di San Pietro.
Per far fronte alle sempre più numerose richieste di opere che provengono da tutta Italia, Raffaello organizza la sua bottega come una vera e propria impresa capace di dedicarsi a incarichi sempre più impegnativi e differenziati. L’artista di Urbino fu però colto da morte a trentasette anni tra il 6 e il 7 aprile 1520.
L’affascinante tema della fortuna di Raffaello nell’Ottocento è affrontato nella seconda parte della mostra.
L’arrivo del San Sebastiano nella collezione di Guglielmo Lochis nel 1836 coincide con la ripresa d’interesse per la vicenda umana e artistica di Raffaello: da un lato il ritrovamento delle sue spoglie mortali al Pantheon nel 1833, dall’altro il rinnovato interesse per la misteriosa Fornarina. Intorno a questo capolavoro le opere di Anthon Raphael Mengs, Peter Cornelius, Felice Schiavoni ed altri documentano il consolidarsi della leggenda dell’artista nell’Ottocento.
L’interesse per Raffaello prosegue nel Novecento, giungendo fino ai nostri giorni. Grandi nomi dell’arte contemporanea come De Chirico, Picasso, Luigi Ontani e Giulio Paolini, Vanessa Beecroft e Francesco Vezzoli si sono confrontati con l’artista di Urbino e con il suo mito, attraverso una pluralità di esiti che vanno dal riuso alla citazione, dalla deferenza alla devozione, testimoniando quanto sia ancora attuale la figura di questo grande maestro dell’arte.
Credits
RAFFAELLO E L’ECO DEL MITO
Mostra a cura di
Emanuela Daffra
M. Cristina Rodeschini
Giacinto Di Pietrantonio
Informazioni:
Bergamo, spazi espositivi GAMeC – via San Tomaso, 53
27 gennaio 2017 – 6 maggio 2018
ORARI
Tutti i giorni dalle 9.30 alle 19.00 (chiusura della biglietteria alle 18.00).
Chiuso il martedì
APERTURE STRAORDINARIE
orario 9.30-19.00
domenica 1 aprile (Pasqua
lunedì 2 aprile (Pasquetta)
mercoledì 25 aprile
martedì 1 maggio
BIGLIETTI:
intero: 12 euro
ridotto: 10 euro
Sito: raffaellesco.it
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