Napoli. Nuova ipotesi sul fenomeno del sollevamento e abbassamento del suolo (bradisismo) dei Campi Flegrei, avvenuto negli ultimi 33 anni: sarebbe dovuto all’afflusso e al deflusso di gas e non alla migrazione di magma verso la superficie.
E’ quanto indica lo studio pubblicato sulla rivista Nature Scientific Reports da Istituto Nazionale di Vulcanologia (Ingv)-Osservatorio Vesuviano, università della Campania Luigi Vanvitelli e l’Istituto di Fisica del Globo di Parigi.
I Campi Flegrei sono una vasta area di origine vulcanica situata a nord-ovest della città di Napoli. Nel 1538 si è verificata l’ultima eruzione che, pur essendo fra le minori della loro intera storia eruttiva, ha interrotto un periodo di quiescenza di circa 3000 anni e, nel giro di pochi giorni, ha dato origine al cono di Monte Nuovo, alto circa 130 m.
Da allora, l’attività ai Campi Flegrei è caratterizzata da fenomeni di bradisismo, attività fumarolica ed idrotermale localizzata nell’area della Solfatara. Da qui l’attributo “flegrei” che deriva dal greco flègo “brucio”, “ardo”; riferito però non alle manifestazioni eruttive ma alla presenza di numerose fumarole e acque termali, conosciute e sfruttate fin dall’antichità.
Ora i ricercatori hanno analizzando i dati raccolti negli ultimi 37 anni sulla composizione geochimica delle fumarole di Solfatara e Pisciarelli, e sulla deformazione del suolo della caldera del supervulcano dei Campi Flegrei.
In base all’analisi, si ipotizza, ha rilevato Roberto Moretti dell’Istituto di Fisica del Globo di Parigi, che “il fenomeno bradisismico attuale, caratterizzato da tassi di sollevamento molto più bassi rispetto a quelli osservati tra il 1983 e il 1984, sia dovuto all’arrivo di gas magmatici dal serbatoio principale, localizzato a circa 8 chilometri di profondità”.
Invece i dati indicano che il fenomeno di sollevamento del suolo osservato nel periodo compreso dal 1983 e il 1984 era compatibile con una migrazione di magma negli strati più superficiali, a circa 3-4 chilometri di profondità.
Questo fenomeno, ha spiegato Giuseppe De Natale, dell’Ingv, “non si evidenzia dall’elaborazione dei dati dal 2000 a oggi e quindi escluderebbe, per l’attuale bradisismo, l’ipotesi di iniezione di magma verso la superficie”.
La risalita dei gas dal serbatoio profondo avrebbe innalzato la temperatura del sistema e disseccato la parte bassa degli acquiferi superficiali che risultano, così, caratterizzati da un contenuto di anidride carbonica superiore rispetto al passato.
La ricerca, precisa l’Ingv, ha una valenza scientifica, priva al momento di immediate implicazioni in merito agli aspetti di protezione civile e ricorda che altri studi propongono interpretazioni del fenomeno diverse. Pertanto, allo stato attuale delle conoscenze, “non è possibile ottenere una interpretazione certa e univoca dei processi attualmente in atto”.
Fonte: Ansa
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