Il Prometheus di Böcklin in mostra con De Chirico e Savinio fino al 9 maggio

prometeo boklin

 


Mamiano di Traversetolo (Parma). Il Prometheus del pittore simbolista Arnold Böcklin è in mostra fino al 9 maggio nel contesto della mostra “De Chirico e Savinio. Una mitologia moderna”, presso la Fondazione Magnani-Rocca. De Chirico e Savinio si ispirarono entrambi all’opera di Böcklin per realizzare le loro rappresentazioni del protagonista della mitologia greca.


Mamiano di Traversetolo (Parma). Il Prometheus del pittore simbolista Arnold Böcklin, opera somma della Collezione Barilla di Arte Moderna, viene eccezionalmente esposto al pubblico fino al 9 maggio alla Fondazione Magnani-Rocca, durante il primo periodo della mostra “De Chirico e Savinio. Una mitologia moderna”.

Nella storia della cultura occidentale, Prometeo è rimasto simbolo di ribellione e di sfida alle autorità e alle imposizioni, così anche come metafora del pensiero, archetipo di un sapere sciolto dai vincoli della falsificazione e dell’ideologia. Se diversi notissimi artisti si sono confrontati col suo mito – da Rubens a Mattia Preti, fino alla versione déco in bronzo dorato di Paul Manship, simbolo del Rockefeller Center di New York – la più celebre è però quella di Böcklin.

Del dipinto (realizzato a Firenze, dove Böcklin visse a lungo, citata nella montagna raffigurata nel quadro che riprende il profilo del Monte Morello che sovrasta la conca della città) si coglie al primo sguardo solo un cupo paesaggio di tempesta: onde di un blu profondo si infrangono con violenza contro una ripida scogliera, coperta di una fitta vegetazione, mentre il cielo denso di nubi è squarciato da un fulmine. Solo dopo un’attenta osservazione si riconosce la pur gigantesca sagoma del corpo del Titano, incatenato alla montagna e soggetto alla furia del cielo. Il protagonista della scena non è più l’eroe ribelle, ma la drammatica lotta, impari e senza speranza, dell’uomo contro le forze misteriose e oscure sprigionate dalla natura, che appare demonicamente animata. La figura di Prometeo, la cui consistenza materica sembra assorbita dalla roccia e dalle nuvole, così inerte ed esposta, ci comunica un senso di eroica impotenza e di rassegnazione.

Giorgio de Chirico, grande ammiratore di Böcklin, trasse ispirazione da quest’opera nel suo Prometeo del 1909, prima opera dove il mito si cela tra gli elementi del paesaggio naturale, in cui il pittore inserisce nella roccia la gigantesca sagoma del Titano; come scrisse Maurizio Fagiolo dell’Arco “Il quadro Prometeo vede un’alta roccia coronata dalla tragica figura mitica (come in un quadro famoso di Böcklin) che si scorge a un’attenta analisi dell’immagine”. De Chirico stesso nel suo saggio su Böcklin del 1920 ricorda questa opera: “Nel suo Prometeo interpretò meravigliosamente quell’aspetto della divinità gigante scesa ad abitare la terra, aspetto di cui la prima idea gli venne forse vedendo il quadro di Poussin intitolato Paesaggio siciliano, che trovasi ora al museo di Pietroburgo, e ove si vede in fondo, dietro una valle abitata da ninfe, sopra una roccia alta, il dorso gigantesco di Polifemo che suona la zampogna”. E prosegue su Böcklin “La prima volta che vidi la riproduzione di un suo quadro, ero ancora un bambino”, mentre al soggiorno monacense ha sempre fatto risalire la conoscenza approfondita di Böcklin e di tutti gli altri suoi referenti pittorici e filosofici: Klinger, e poi Nietzsche, Schopenhauer, Weininger.

Anche per Alberto Savinio, Böcklin rappresenta un modello primario. La sua serie sulle città trasparenti, ammassi di rovine galleggianti su una sorta di isola flottante, evocano nell’impatto iconografico la citata serie dell’Isola dei morti dell’artista svizzero. Nel suo Prometeo del 1929, Savinio propone tuttavia una visione diversa da quelle di Böcklin e de Chirico, operando una trasformazione ironica dell’impacciato nudo fotografico ottocentesco che gli era servito come modello, in una figura di dimensione mitica, benché quasi acefala. Sono gli anni in cui primeggiano nella pittura di Savinio i corpi giganteschi di eroi dell’antichità pagana, anomale creature che animano una nuova e straordinaria iconografia di rivisitazione mitica, in ardite torsioni di stampo manierista che rendono improbabile ogni richiamo alla classicità pur nella loro nudità grecizzante. Il Prometeo di Savinio volge malinconicamente la minuta testa ovoidale al cielo dove spicca, come l’epifania di un sogno irrealizzato, la fiaccola prima donata e poi negata agli uomini coi colori e le forme dei giochi agognati nell’infanzia. Alter ego dell’artista solitario, sacerdote e mago: un veggente.
Per la prima volta esposte insieme, le due versioni del Prometeo di de Chirico e Savinio si trovano al cospetto del capolavoro del loro maestro, fornendo una rara occasione di lettura e di confronto delle fonti artistiche, ma anche filosofiche, alla base dell’arte dei Dioscuri.

Info: Fondazione Magnani-Rocca, via Fondazione Magnani-Rocca 4, Mamiano di Traversetolo (Parma).
Dal 16 marzo al 30 giugno 2019.  Aperto anche tutti i festivi. Orario: dal martedì al venerdì continuato 10-18 (la biglietteria chiude alle 17) – sabato, domenica e festivi continuato 10-19 (la biglietteria chiude alle 18). Aperto anche lunedì di Pasqua, 25 aprile, 1° maggio, 2 giugno. Lunedì chiuso (aperto Lunedì di Pasqua).
Ingresso: € 12,00 valido anche per le raccolte permanenti – € 10,00 per gruppi di almeno venti persone – € 5,00 per le scuole.

Fonte: Studio Esseci

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