Susan Meiselas, quando la denuncia diventa racconto


A Palermo gli scatti di Susan Meiselas, tra le pionere del fotogiornalismo moderno, nella mostra Intimate strangers.


Con il suo obiettivo ha indagato paesi come il Nicaragua, dove ha documentato la rivoluzione sandinista, e l’America Latina. È considerata una delle pioniere del fotogiornalismo moderno. Susan Meiselas, 71 anni, nata a Baltimora, fotografa tra le prime donne ammesse alla celebre agenzia Magnum Photos, arriva a Palermo il 14 dicembre per inaugurare la sua mostra al centro internazionale di fotografia diretto da Letizia Battaglia.

Intimate strangers, questo il titolo dell’esposizione, presenta Carnival Strippers e Pandora’s Box, due delle opere della pluripremiata autrice, nota per aver fatto della fotografia un importante mezzo di denuncia sociale per combattere ogni tipo di violenza, da quella domestica – che racconta in vari progetti come Archives of Abuse (1992) e Room of their Own (2017) – a quella delle guerre, oltre che strumento di impegno civile per la difesa dei fondamentali diritti umani, e in particolare delle donne, per cui quest’anno ha vinto il premio Women In Motion. In Carnival Strippers confluisce un lavoro lungo tre estati consecutive, dal 1972 al 1975, in cui la Meiselas segue le spogliarelliste delle fiere di paese in New England, Vermont e South Carolina. “Una documentazione attenta e scrupolosa fatta delle istantanee in bianco e nero non soltanto delle esibizioni sul palcoscenico, ma anche dei loro momenti più intimi, alla quali la fotografa affianca le registrazioni audio delle voci delle protagoniste da lei stessa intervistate” affermano i promotori. “Il risultato è un racconto multimediale che per la sua originalità e profondità segna un punto di svolta nella storia del fotogiornalismo, aprendo alla Meiselas le porte della Magnum, la più ambita e celebre agenzia di fotogiornalismo del mondo di cui entra a far parte nel 1967”.

Da quel momento il coinvolgimento dei soggetti fotografati attraverso la testimonianza diretta diventa una caratteristica del lavoro di Susan Meiselas, una metodologia d’indagine che costituisce per l’artista non solo una pratica analitica ma anche una forma di impegno civile. Risale a vent’anni più tardi Pandora’s Box (1995), reportage che può considerarsi l’ideale prolungamento di Carnival Strippers. La serie, realizzata in un club sadomaso di New York, svela l’esistenza di un altro rapporto con la violenza e il dolore, che qui è cercato e auto-inflitto per scelta. Pandora’s Box ci trasporta in un luogo esclusivo di 4000 metri quadrati all’interno di un loft di Manhattan, definito la “Disneyland della Dominazione“. Oscuramente teatrali e allo stesso tempo non studiate, queste fotografie esplorano una rete di stanze opulente e di set di uno storico “dungeon” newyorkese, dove la protagonista Mistress Raven, insieme al suo staff di 14 giovani donne, si esibisce in riti di dolore e piacere fortemente formalizzati. La mostra s’inserisce nell’ambito della programmazione del centro internazionale di fotografia di Palermo dedicata ai grandi fotografi contemporanei in collaborazione con Magnum Photos, che ha già visto protagonisti Joseph Koudelka e Franco Zecchin.

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