La Fornarina di Raffaello di nuovo esposta a Palazzo Barberini


Torna a Palazzo Barberini dopo cinque mesi di assenza. Il museo torna ad essere aperto dal giovedì alla domenicadalle 10.00 alle 18.00.


Dopo cinque mesi di assenza, torna a Palazzo Barberini, sede delle Gallerie Nazionali di Arte Antica, la celebre Fornarina di Raffaello Sanzio, capolavoro appartenente alla collezione Barberini fin dal 1642.

La tavola è stata prestata alle Scuderie del Quirinale per la mostra Raffaello 1520-1483 dove è stata esposta di fianco a La Velata, quale espressione massima dell’artista nel genere del ritratto.

La Fornarina, prima del prestito alle Scuderie, era stata sottoposta a tre giorni di indagini in fluorescenza X mapping con tecniche innovative e macchinari all’avanguardia, i cui risultati saranno presentati al pubblico in una giornata di studi in programma il prossimo 21 settembre.

Il dipinto sarà esposto nella Sala 16 del piano nobile, dedicato a “Lo sguardo del Rinascimento”, con altre opere della collezione delle Gallerie, tra cui la Maddalena che legge di Piero di Cosimo, il Ritratto di Stefano Colonna del Bronzino e il Ritratto di Enrico VIII di Hans Holbein.

Il museo continua ad essere aperto dal giovedì alla domenicadalle 10.00 alle 18.00. Chiuso dal lunedì al mercoledì.

 

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SCHEDA OPERA:

Raffaello Sanzio (Urbino 1483 – Roma 1520)
La Fornarina, 1520 circa

olio su tavola, cm 87 x 63

La donna raffigurata è, secondo la tradizione, l’amante e musa ispiratrice di Raffaello: Margherita Luti, figlia di un fornaio di Trastevere, da cui il soprannome “Fornarina”. Non si ha notizia di chi fosse il committente dell’opera e ciò potrebbe avvalorare l’ipotesi che Raffaello l’abbia dipinta per sé, negli ultimi anni della sua vita. Che si tratti o meno dell’amante di Raffaello, dietro questo volto imperfetto, dai tratti marcati, si nasconde una rappresentazione di Venere. La posa delle mani, una adagiata nel grembo, l’altra sul seno, segue il modello della “Venere pudica” della statuaria classica: un gesto di pudore che tuttavia orienta lo sguardo dell’osservatore proprio su ciò che si vorrebbe nascondere. Simboli della dea dell’amore sono anche il bracciale della donna su cui si legge “Raphael Urbinas”, firma dell’autore e pegno di vincolo amoroso, nonché, sullo sfondo, il cespuglio di mirto e il ramo di melo cotogno, simbolo di fertilità. Il quadro apparteneva già ai primi proprietari del palazzo, gli Sforza di Santafiora, e fu uno dei primi ad essere acquistato dai Barberini.

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