Raffaello ai raggi X, svelata la tecnica dietro la Fornarina


La Fornarina di Raffaello ai raggi X. Svelata la tecnica di realizzazione del celebre capolavoro di Raffaello grazie ai nuovi strumenti di imaging.


Sono stati presentati ieri, lunedì 21 settembre 2020, i risultati della campagna di indagini sulla Fornarina di Raffaello, realizzate lo scorso 28 – 29 – 30 gennaio con tecniche innovative e macchinari all’avanguardia, a cui sono seguiti mesi di approfondimento e valutazione storico scientifica dei dati acquisiti. La nuova campagna di imaging ha mappato la distribuzione degli elementi chimici presenti sulla tavola, consentendo di risalire ai pigmenti utilizzati dall’artista e di comprendere il processo esecutivo con cui li ha applicati sulla tela.

In particolare, è stata effettuata una scansione macro della Fluorescenza dei Raggi X (MA-XRF) a cura di “Emmebi diagnostica artistica” e “Ars Mensurae” con degli strumenti messi a punto nell’ambito del Progetto MU.S.A. (Multichannel Scanner for Artworks), in collaborazione con l’INFN – Istituto Nazionale di Fisica Nucleare Sezione di Roma Tre, CHNET (Cultural Heritage Network), il CNR ISMN, il Dipartimento di Scienze Università Roma 3, Sapienza Università di Roma – Dipartimento di Scienze di Base e Applicate per l’Ingegneria.

Paolo Branchini (INFN) ha presentato le varie fasi delle attività svolte per il Progetto M.U.S.A: dalla costruzione dello scanner multi-canale fino alla sua applicazione sull’opera di Raffaello. Lo strumento realizzato dall’INFN costituisce uno dei più brillanti esempi di come una tecnologia d’avanguardia sviluppata inizialmente per rispondere alle esigenze della ricerca in fisica fondamentale, in particolare per la realizzazione di rivelatori di particelle, abbia poi trovato applicazione in ambiti di ricerca molto diversi, portando un contributo fondamentale nello studio e nella conservazione dei beni culturali. Inoltre la portabilità dell’innovativo strumento sviluppato lo rende particolarmente indicato per esaminare anche opere di grandi dimensioni, contribuendo ad analizzarne gli aspetti diagnostici.

Le immagini della distribuzione del ferro e del piombo hanno confermato l’impostazione di una sotto-stesura di base chiaroscurata, una pratica diffusa ai primi del Cinquecento e presente anche in altri dipinti raffaelleschi. La distribuzione del mercurio, che indica l’impiego di cinabro, ha ribadito l’importante modifica del fondo, già individuata dalle radiografie eseguite nel 1983, che ha comportato un riassetto chiaroscurale della figura.

La lettura delle immagini della distribuzione del rame, del ferro, del calcio e del manganese hanno restituito un’inedita visione del fondo di vegetazione, evidenziandone tutta la complessità. Stesure a base di terre (ferro) o di terra d’ombra (ferro e manganese) sono emerse per le foglie più ampie, mentre i rami del mirto risultano essere a base di un verde di rame e di nero d’ossa.

L’imaging ha dunque restituito la capacità del pittore nell’usare un complesso intreccio di forme e di pigmenti, dosati anche in termini di spessore per offrire una tridimensionalità altrimenti non del tutto apprezzabile.

Ma la Fornarina serba ancora molti misteri da risolvere: restano aperti i dubbi sul significato dell’opera, la sua realizzazione – forse più lunga di quanto si è immaginato – e la sua destinazione originaria.  Questioni che si intrecciano strettamente con la progressiva identificazione della donna ritratta come quella amata da Raffaello e con la “nascita! – tutta ottocentesca – della Fornarina come Margherita Luti”

 

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