Tosca e Roma, itinerario in musica nei luoghi dell’opera di Puccini


Tosca e Roma: un legame indissolubile. Lo celebriamo proponendovi un itinerario in musica tra i luoghi della celebre opera di Puccini, con una passeggiata nel centro storico della Capitale.


“Vi sarebbe un dramma che, se io fossi ancora in carriera, musicherei con tutta l’anima, ed è Tosca”
(Giuseppe Verdi)

Roma è sinonimo di arte, cultura e bellezza, rappresentate nelle opere e negli scritti dei più grandi artisti, musicisti e poeti. Custode da secoli di preziose gemme artistiche, è da sempre la scenografia fisica e ideale di capolavori del cinema e delle grandi melodie. Tra questi, un ruolo di rilievo spetta alla Tosca, opera di Giacomo Puccini del 1889, su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, ispirata all’omonimo dramma di Victorien Sardou.

Tosca e Roma, un legame indissolubile: il nome di una evoca immediatamente il ricordo dell’altra. La storia d’amore, gelosia, potere e morte si svolge, infatti, nella Città Eterna in un unico giorno, il 14 giugno del 1800, ai tempi della caduta della Repubblica Romana, della Restaurazione dello Stato Pontificio e degli echi rivoluzionari provenienti dalla Francia. È a Roma, al Teatro Costanzi, che il 14 gennaio 1900 ha luogo la prima rappresentazione del melodramma alla presenza dell’autore.

Con una piacevole passeggiata nel centro storico, scopriamo i luoghi dove è ambientata l’opera più amata del compositore toscano, per riviverne la suggestiva atmosfera e ritrovarsi al centro dei suoi autentici “palcoscenici”: tre splendidi scenari, per altrettanti struggenti atti che ruotano attorno ai tre personaggi principali, la cantante Floria Tosca, il pittore Mario Cavaradossi e il capo della polizia Scarpia.

Basilica di Sant’Andrea della Valle – Atto I

L’arte nel suo mistero,
le diverse bellezze insiem confonde…
Ma nel ritrar costei,
Il mio solo pensiero,
Il mio sol pensier sei tu,
Tosca, sei tu!
(Recondita armonia, Cavaradossi, Atto I, Scena III)

Nei pressi di Corso Vittorio Emanuele e Corso Rinascimento, in piazza Vidoni, sorge la Basilica di Sant’Andrea della Valle, grandioso sfondo del celebre duetto tra Tosca e Cavaradossi e del maestoso Te Deum. Iniziata nel 1591 e completata solo nella seconda metà del secolo seguente, vide l’intervento di architetti quali Francesco GrimaldiGiacomo Della PortaCarlo Maderno e Carlo Rainaldi. L’elegante facciata in travertino di Rainaldi prelude a un vasto interno a croce latina, sovrastato dalla bellissima cupola del Maderno, affrescata da Giovanni Lanfranco con la Gloria del Paradiso – capolavoro d’illusionismo barocco – e impreziosita dai pennacchi a opera del Domenichino. Da non perdere l’abside, con ori e affreschi di Mattia Preti, e la Cappella Barberini, a cui Puccini si sarebbe ispirato per la Cappella Attavanti nella finzione scenica.

Qui, Cavaradossi sta dipingendo un quadro della Maddalena con i tratti della Marchesa Attavanti, intonando la splendida aria “Recondita armonia”, quando incontra il bonapartista Cesare Angelotti, evaso da Castel Sant’Angelo, che aiuta a fuggire. Poco dopo, arriva Floria Tosca, cantante e amante del pittore, che, per equivoco, è colta da un’irrefrenabile gelosia. Tuttavia, i due innamorati si riappacificano sulle note di un appassionato duetto. Tra le meraviglie barocche della Basilica, entra in scena il barone Scarpia, in cerca del fuggiasco Angelotti e infatuato di Tosca, che medita sui suoi diabolici piani durante la celebrazione del Te Deum e alimenta nuovamente i sospetti di gelosia della donna.

Palazzo Farnese –  Atto II

Vissi d’arte, vissi d’amore,
non feci mai male ad anima viva!…
Con man furtiva quante miserie conobbi, aiutai…
(Vissi d’arte, Tosca, Atto II, Scena V)

Da Sant’Andrea della Valle, passeggiando in direzione della vivace Campo de’ Fiori, si arriva in piazza Farnese, dominata dall’omonimo cinquecentesco Palazzo, teatro del secondo atto. Fu iniziato nel 1517 da Antonio Sangallo il Giovane, su commissione di Alessandro Farnese (poi Papa Paolo III), al quale seguirono Michelangelo e il Vignola, e fu infine portato a termine da Giacomo Della Porta nel 1589.
Oggi sede dell’Ambasciata francese, per la sua forma Palazzo Farnese era in passato chiamato “il dado dei Farnese” e ritenuto una delle quattro meraviglie di Roma: l’elegante vestibolo, il raffinato cortile, l’incantevole giardino, le gallerie e i sontuosi saloni riccamente decorati. Tra questi, la celebre Galleria al piano nobile, affrescata  da Annibale Carracci tra il 1597 e il 1608, con la collaborazione del fratello Agostino, del Lanfranco e del Domenichino, e la Sala dei Fasti Farnesiani, opera di Francesco Salviati e dei Fratelli Zuccari.

Il Palazzo è la dimora del Barone Scarpia, dove, oltre ad avere luogo tutta la parte centrale dell’opera, si svolge una scena di grande pathos. Mario Cavaradossi si trova qui, dopo essere stato arrestato e torturato per aver aiutato il ricercato Angelotti. Tosca, per aiutare l’amante, rileva a Scarpia il nascondiglio dell’evaso. L’improvvisa notizia della sconfitta austriaca di Marengo provoca, però, l’esultanza del pittore, condannato definitivamente a morte. La cantante, disposta a tutto per salvarlo, canta la toccante “Vissi d’arte” e accetta di concedersi a Scarpia in cambio della grazia e di un salvacondotto. Al momento in cui l’uomo le si avvicina, Tosca lo uccide con un pugnale. Pentita, spegne il candelabro sulla tavola, prende due candele e le mette ai lati della testa del barone, poggiandogli religiosamente un crocefisso sul petto.

Castel Sant’Angelo – Atto III

Svanì per sempre il sogno mio d’amore…
L’ora è fuggita… E muoio disperato!
E non ho amato mai tanto la vita!
(E lucevan le stelle, Cavaradossi, Atto III, Scena II)

Alle spalle di Palazzo Farnese, si raggiunge il romantico lungotevere, dal quale, incamminandosi verso destra, si arriva all’altezza di Ponte Sant’Angelo, suggestivo accesso all’imponente Castel Sant’Angelo, sull’altra sponda del Tevere.
Costruito intorno al 123 d.C. come sepolcro per l’imperatore Adriano e la sua famiglia, il Castello è stato protagonista per circa duemila anni della storia di Roma: mausoleo, tribunale, fortezza e residenza pontificia, prigione risorgimentale e teatro di fucilazioni e, dal 1925, Museo Nazionale che custodisce dipinti, sculture, armi e reperti di varie epoche.
Salendo lungo i vari livelli edificati nel tempo, e percorrendo le possenti mura, i cortili, le logge, le stanze rinascimentali e le segrete, in cui furono rinchiusi anche Cagliostro e Benvenuto Cellini, si arriva alla Terrazza dell’Angelo, tanto spettacolare quanto fondamentale nella drammatica conclusione dell’opera di Puccini.

In uno dei monumenti più emblematici di Roma, va in scena il terzo e ultimo atto. Sono le prime ore del mattino: Mario Cavaradossi è in attesa di essere giustiziato, e intona le malinconiche note di “E lucevan le stelle”, una delle arie più commoventi di tutta l’opera e della storia del Bel Canto. Sono i ricordi in musica del pittore, che ripensa ai momenti vissuti con la sua amata Tosca. La donna arriva all’improvviso e dice all’amato che sono finalmente salvi: gli mostra il salvacondotto, informandolo della falsa fucilazione concordata con Scarpia. Quando, però, Tosca si accorge che Cavaradossi è stato giustiziato veramente e vede le guardie inseguirla per l’assassinio di Scarpia, disperata, si suicida gettandosi dalla terrazza del Castello, mentre grida “O Scarpia, avanti a Dio!”.

 

Fonte: Turismo Roma

 

 

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