Prodotti regionali e curiosità sul Carnevale in Italia


Un viaggio tra i prodotti della tradizione gastronomica regionale del Carnevale in Italia, da Nord a Sud, con qualche curiosità. 


Il Carnevale è arrivato, anche se meno colorato e spensierato rispetto agli anni precedenti. Niente carri e sfilate quest’anno ma, in attesa di tornare a festeggiarlo finita la pandemia, possiamo “riscoprire” alcune tradizioni italiane tramandate nei secoli. Ecco un itinerario dei sapori, da Nord a Sud, tra i prodotti gastronomici regionali del Carnevale, con qualche curiosità.

 

Frittelle Veneziane

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Le origini delle frittelle veneziane risalgono al 1300, epoca in cui venne scritta la prima ricetta del dolce di Carnevale, conservata oggi presso la Biblioteca Casanatense di Roma. Nel ‘600 venivano preparate dai fritoleri in piccole baracche di legno lungo la strada, che lavoravano l’impasto con uova, zucchero, farina, uvetta e pinoli. I fritoleri si costituirono in corporazioni formate da 70 componenti che si susseguivano da padre in figlio, e rimaste in attività fino alla dell’800. Nel 1700 le fritole veneziane vennero elette dolce della Repubblica Serenissima e ancora oggi sono il simbolo della tradizione gastronomica di Carnevale per i veneziani e il Veneto.

 

Turtlitt ad Sant’Antoni

I Turtlitt ad Sant’Antoni sono il simbolo della tradizione di Carnevale in Emilia Romagna. Il dolce di origine tardo medievale nasce nel borgo di Sant’Antonio a Piacenza. Nonostante sia un dolce della tradizione del carnevale in Emilia Romagna, il Turtlitt è legato alla celebrazione del Santo (17 gennaio). In tale ricorrenza era tradizione recuperare gli avanzi delle libagioni natalizie per preparare i Turtlitt e donarli agli abitanti del borgo. Frittelle ripiene di mostarda con crema di cioccolato, amaretti e castagne, i Turtlitt ad Sant’Antoni hanno ottenuto nel 2007 il marchio De.C.O.

 

Schiacciata alla Fiorentina

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Dolce di Carnevale fiorentino, la Schiacciata alla Fiorentina nasce come pane dolce preparato con lo strutto servito durante il Martedì grasso. Pellegrino Artusi cita il dolce nel 1700 nel manuale La scienza in cucina e l’Arte del mangiar bene con il nome di “Stiacciata unta“.

Si lavori moderatamente perché potrebbe perder la forza. Fatta la sera e lasciata in luogo tiepido si lievita da sé; fatta la mattina avrà bisogno di tre ore di caldana in terra.

(Pellegrino Artusi, La scienza in cucina e l’Arte del Mangiar bene)

Nel ‘700 prese il nome di “Stiacciata delle Murate” perché preparato dalle monache del monastero di via Ghibellina, che preparavano il dolce per i carcerati e, come ultimo pasto, per i giustiziati a morte.

Il dolce, che evoca la focaccia per il nome e la forma, prevede l’impiego del lievito madre o di birra, una misura di non oltre i tre cm di altezza e la forma rettangolare.

 

Ricette di Carnevale in Umbria: la crescionda spoletina

 

Gli struffoli

Simbolo della gastronomia napoletana, le origini degli struffoli sono da attribuire ai Greci che li portarono nella città partenopea. La derivazione greca degli struffoli è testimoniata dalla loro etimologia da strongoulos e pristòs, ovvero “pallina tonda e tagliata”. La preparazione del dolce venne tramandata nei secoli, grazie soprattutto all’attività delle suore dei conventi napoletani che in epoca moderna preparavano gli struffoli per offrirli a famiglie nobili che si fossero contraddistinte per benevolenza e carità. Gli ingredienti per preparare il dolce sono uova, zucchero, burro, farina, lievito, sale e liquore all’anice. Preparato l’impasto, le palline di struffoli vanno fritte in olio bollente, condite con miele e decorate con confetti colorati.

 

Curiosità

 

Le leggi sulle maschere durante la Repubblica di Venezia

A Venezia era abitudine utilizzare la maschera per molti mesi dell’anno, per la durata del Carnevale che iniziava il 26 dicembre fino al Mercoledì delle Ceneri, per evitare di essere arrestati in quanto chi la indossava “interpretava un ruolo” e per evitare di trovarsi in affari rischiosi. Con la Repubblica Serenissima venne regolamentato il suo utilizzo, per scongiurare episodi spiacevoli come furti o aggressioni notturne. A partire dal 1339 l’uso della maschera venne proibito durante la notte, successivamente anche all’interno di chiese e monasteri e, infine, vennero stabilite dure pene nei confronti di chi la indossasse fuori dal periodo del Carnevale.

Nel Medioevo gusci d’uovo al posto dei coriandoli

L’uso dei Coriandoli, piccoli ritagli di carta colorata, è una tradizione del Carnevale che risale alla fine del 1800. A rivendicare l’invenzione dei coriandoli sono stati i due ingegneri italiani Ettore Fenderi e Enrico Mangili. Prima della loro invenzione, era tradizione del Carnevale durante il Medioevo lanciare gusci d’uovo colorati dai carri e, nel corso del ‘500, usare confetti di zucchero colorati, chiamati per l’appunto “Coriandoli di zucchero colorato“, sostituiti successivamente per limitare i costi da gessetti colorati.

 

 

 

 

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