La Madonna del latte di Murillo incanta Palazzo Barberini, ultimi giorni per ammirarla


È tornata a incantare i visitatori di Palazzo Barberini la celebre “Madonna del latte” di Bartolomé Esteban Murillo, dopo un lungo restauro. E cela anche delle sorprese. Il quadro sarà esposto al pubblico fino all’11 luglio 2021.


Lo scrittore francese Gustave Flaubert, durante il suo viaggio a Roma, ne rimase stregato. In una lettera del 1851 indirizzata all’amico Bouilhet descriveva così il primo incontro con la donna: «La sua testa mi perseguita e i suoi occhi continuano a passarmi davanti come due lanterne danzanti». L’oggetto di questa straordinaria infatuazione non era però una donna in carne e ossa, ma una meravigliosa figura dipinta: la Madonna del latte, capolavoro di Bartolomé Esteban Murillo (1617-1682) e punta di diamante della Galleria Corsini fin dal Settecento.

Ora, a trent’anni di distanza dall’ultimo restauro, lo sguardo della Madonna torna a brillare. Il merito è del lungo lavoro effettuato dal Laboratorio di restauro delle Gallerie Nazionali di Arte Antica, diretto da Chiara Merucci. Dopo oltre dieci mesi di intervento, il quadro è finalmente esposto a Palazzo Barberini, al centro della mostra Occhi come lanterne danzanti. Storia e restauro della Madonna del latte di Murillo, a cura di Alessandro Cosma, visitabile fino all’11 luglio.

Murillo (1618-1682), uno dei protagonisti della pittura spagnola durante il Siglo de Oro, è noto per le sue opere a sfondo religioso. Nel corso della sua lunga e fortunata carriera dipinse numerose “Madonne col Bambino”, alcune delle quali di grande efficacia. Nessuna di queste è però paragonabile al quadro della Galleria Corsini, per la capacità di rendere vivo e attuale un soggetto tipico dell’iconografia tradizionale.

Su uno sfondo volutamente indistinto si stagliano le magnetiche figure centrali: una madre di Dio dalle fattezze popolane, che valsero all’opera il soprannome di “Madonna zingara” (coniato nel 1892 dallo storico Carl Justi) e un Gesù bambino di grande forza espressiva. Sembrano fissare negli occhi l’osservatore che si è reso incautamente partecipe di quel momento di intimità.

Il quadro, realizzato tra il 1670 e il 1675 circa, piacque tanto al cardinale Neri Maria Corsini da convincerlo a collocarlo nella sala dell’alcova, di fronte al letto. Qui verrà ricollocato in autunno, quando il dipinto tornerà alla Galleria Corsini (ora chiusa per interventi di ristrutturazione), per ricreare quel legame intimo con lo spettatore che anche il cardinale doveva aver ricercato ogni giorno nel luogo più privato del suo appartamento.

Il restauro

 

L’accurato lavoro di restauro, realizzato da Alessandra Percoco per la tela e da Vega Santodonato per la cornice, ha consentito di portare alla luce dettagli preziosi prima indistinguibili, dai boccioli della pianta dietro Maria alle delicate variazioni cromatiche delle vesti. Le indagini scientifiche hanno chiarito la tecnica del pittore e i pigmenti utilizzati: come il blu del manto di Maria, ottenuto in parte con il lapislazzulo (ancora oggi brillante) e in parte con il più economico “smaltino”, ormai alterato.

Il restauro della Madonna del latte è il primo intervento delle Gallerie Nazionali realizzato grazie alla sponsorizzazione del progetto Vino Civitas, promosso dall’Associazione Civita insieme all’azienda vinicola Tenuta Caparzo di Montalcino.

Un quadro nascosto

Gli interventi di restauro hanno riservato altre sorprese. Per la prima volta è stata eseguita una radiografia completa del dipinto che ha rivelato, sotto l’attuale strato pittorico, un quadro nascosto: si tratta di un San Francesco inginocchiato in preghiera, con gli occhi rivolti al cielo e un libro aperto davanti a sé. Non sappiamo perché Murillo abbandonò il progetto in fase avanzata di esecuzione, né perché decise di riutilizzare la tela per dipingervi una Madonna col Bambino.

«Il riuso delle tele», ha spiegato Alessandro Cosma, curatore delle Gallerie e responsabile dell’intervento di restauro, «non è una novità, ma qui l’eccezionalità sta nell’impiego di parti appartenenti a una figura precedente riusate come base per il nuovo quadro, come le pieghe del saio del santo che formano il panneggio della gamba della Madonna».

Una copia della radiografia a grandezza naturale è esposta in mostra accanto all’opera, per permettere anche al pubblico di rintracciare i dettagli della pittura originaria, ancora visibili a occhio nudo, nella tela definitiva.

 

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