Pavia longobarda: alla scoperta dell’antica capitale del Regno

San Michele nella PAvia longobarda. Via WIkimedia Commons

La dominazione longobarda lasciò nella città lombarda segni indelebili. Visitare le chiese e i monumenti di quel periodo vuol dire viaggiare attraverso la storia di quella che fu, per due secoli, capitale del Regno Longobardo in Italia.

Del Longobardo la fatal contesa,
Dell’Alpe i campi, e di Pavia lo spalto,
Allorché Italia del suo meglio in forse
Stette, e Carlo vincendo la soccorse.

La Pavia longobarda compare fin dai primi versi di Italiade, poema epico del 1819 di Angelo Maria Ricci. Città dalla storia più che millenaria, è solcata dalle acque del Ticino che ne hanno reso il territorio ideale per l’agricoltura e la viticultura. Malgrado le dimensioni relativamente contenute, Pavia è uno scrigno di tesori artistici, architettonici, archeologici. Fra i suoi simboli, il Castello Visconteo del XIV secolo e il Ponte Coperto, ricostruito nel 1949, testimoniano un continuo susseguirsi di epoche ed eventi che hanno visto Pavia, più volte nel corso dei secoli, al centro della Storia d’Italia.

Celebre anche per l’Università degli Studi, fra le più antiche della Penisola ancora in attività, e tappa integrante della Via Francigena, Pavia accoglie i visitatori che arrivano da Milano (in macchina ora, un tempo in barca via canale del Naviglio Pavese) con il celebre complesso monumentale della Certosa, sita nell’omonimo comune. L’itinerario che proponiamo per visitare questa cittadina, orientandosi fra i suoi segreti e monumenti, segue le orme dei Longobardi.

Visitare la Pavia longobarda vuol dire inevitabilmente operare una selezione. Quello che ne emerge è però un tour coerente ed effettuabile anche in giornata, alla scoperta di una dominazione durata appena due secoli ma che ha lasciato tracce indelebili nella storia e nell’aspetto della città.

 

Lombardia a piedi: dal confine con la Svizzera a Pavia lungo la Via Francisca del Lucomagno

 

I Longobardi a Pavia: una sintesi storica

Fondata nel I secolo a.C. dai Romani sulle rimanenze di un precedente insediamento gallico, l’allora Ticinum assunse in epoca imperiale un ruolo di rilievo non secondario per la posizione. Situato non lontano dalla Via Emilia e posta al centro della Pianura Padana, il centro fungeva da collegamento per i fiumi Ticino e Po, e di lì per il Lago Maggiore e il Mar Adriatico. Vero e proprio avamposto di Mediolanum (l’antica Milano), che fu capitale dell’Impero Romano d’Occidente dal 289, venne a contatto con il Cristianesimo a partire dal IV secolo.

Nel 476 il re degli Eruli Odoacre depose l’ultimo Imperatore, Romolo Augusto, e Ticinum cadde preda dei saccheggi barbarici. Campo di battaglia di scontri militari per quasi un secolo, venne poi ceduta al sovrano longobardo Alboino da Teodorico, Imperatore Romano d’Oriente, nel 572.

Nel VI e VII secolo la città, ribattezzata Papiaassurse un ruolo fondamentale, diventando capitale del Regno Longobardo. Qui risiedevano i re e le principali funzioni statali, dalla corte alla cancelleria, dalla zecca al tribunale. Vi venne emanato, fra gli altri, l’Editto di Rotari (643), storica raccolta legislativa capace di coniugare le leggi longobarde e il diritto romano.

Fu poi Carlo Magno, re dei Franchi, a deporre re Desiderio e far capitolare la dominazione longobarda dopo il lungo assedio della città nel 774. Da questa data, Pavia divenne capitale del Regno d’Italia, entità sottoposta ai Carolingi e la cui natura politica incuriosisce ancora oggi gli storici del periodo.

L’assedio di Pavia è raccontato, con una modalità quasi cinematografica, dagli affreschi del XVI secolo presenti nella Chiesa di San Teodoro, sita nel centro cittadino. Il Regno Longobardo a Pavia durò appena due secoli, eppure le trasformazioni nella morfologia e nell’urbanistica della città furono radicali, soprattutto con la fondazione di numerose chiese e monasteri.

 

Affreschi custoditi nella Basilica di San Teodoro. Via Wikimedia Commons.

Affreschi custoditi nella Basilica di San Teodoro. Via Wikimedia Commons.

 

Informazioni preliminari per organizzare il tour

Il tour della Pavia longobarda si svolge essenzialmente in città. Lo si può effettuare a piedi, tramite la fitta rete di trasporto urbano o appoggiandosi al servizio di bike sharing comunale che consente, tramite sottoscrizione di apposita tessera, di usufruire delle 7 stazioni presenti su suolo cittadino.

In quanto tempo e quando visitare Pavia

Il tour è effettuabile in giornata o in un weekend per chi volesse soffermarvisi con più calma e godere dei prodotti tipici enogastronomici del territorio. Pavia gode di un clima continentale, soggetto a inverni rigidi e umidi con frequente presenza di banchi di nebbia. Causa la scarsa ventilazione e il trovarsi in pianura, le estati sono calde e afose con brevi temporali che rinfrescano l’aria. Le mezze stagioni, se dal punto di vista della temperatura sono ideali per visitare la città, rappresentano allo stesso tempo il periodo più piovoso, con picchi verso ottobre.

Come raggiungere Pavia

Posizionata nell’angolo sudoccidentale della Lombardia, Pavia gode, quanto a collegamenti, della vicinanza al capoluogo Milano. Qui si trovano i maggiori snodi ferroviari, che collegano la Lombardia al resto d’Italia con linee ad Alta Velocità, e gli aeroporti internazionali di Malpensa e Linate. Tre sono invece le stazioni presenti a Pavia, servite da treni regionali, suburbani, di Alta Velocità ed Eurocity.

La principale è posta sulla linea Milano – Genova ed è collegata alle linee per Cremona, Vercelli e Alessandria. Ad essa sono collegate, lungo la linea Pavia – Cremona, le stazioni di Pavia Porta Garibaldi e Motta San Damiano.

Dotata di tre tangenziali, Pavia è infine collegata alle autostrade A7 Milano – Genova e A54 o Tangenziale Ovest di Pavia, collegata alla prima dalla A53, detta anche Raccordo autostradale 7.

 

Sentiero di Leonardo: un ecomuseo in bici da Lecco a Milano

 

Pavia longobarda: un tour in 8 chiese

Fu con la regina Teodolinda, consorte di Autari e reggente per il figlio Adaloaldo dal 619 al 624, che i Longobardi si convertirono alla religione cattolica romana. Da allora si favorì così la costruzione di chiese e monasteri. Il tour della Pavia longobarda non può che toccare otto fra le principali chiese sorte nel centro cittadino. Ognuna di esse, malgrado la sovrapposizione di epoche successive, reca interamente o in parte i segni della dominazione longobarda.

Cripta di Sant’Eusebio

Di epoca longobarda, della chiesa di Sant’Eusebio, nell’antico quartiere nord-orientale della Faramannia, rimane oggi la cripta. La struttura originaria del VII secolo venne infatti rifatta nel XI secolo. Successivamente rimaneggiata, venne distrutta e ricostruita nel Settecento. La dismissione definitiva avvenne infine nel 1923 in favore dell’attuale piazza Leonardo da Vinci, presso cui sopravvivono, isolate dal contesto urbano, delle torri.

Citata da Paolo Diacono nella sua Historia Langobardorum come cattedrale ariana,  deve il proprio nome alla figura del vescovo Eusebio, promotore del cattolicesimo e strenuo avversario dell’eresia ariana.

La cripta è ricavata all’interno di un’abside a semicerchio oltrepassato. La cripta è a cinque navate spartite da quattro file di colonnine, con volte a crociera dotate di sottarchi. I suoi capitelli, dalle forme anticlassiche, sono caratterizzate da alveoli triangolari, destinati forse in origine a ricevere un riempimento colorato in mastice o stucco. Richiamano la produzione orafa cloisonnée di età longobarda. Del XII secolo sono invece gli affreschi bizantineggianti sulle volte della cripta.

 

Cripta di Sant'Eusebio. Via Wikimedia Commons.

Cripta di Sant’Eusebio. Via Wikimedia Commons.

 

San Giovanni Domnarum

Sita in via Mascheroni, nel pieno del centro storico, la chiesa di San Giovanni Domnarum venne fondata dalla regina Gundiperga, figlia di Agilulfo e Teodolinda, alla metà del VII secolo come luogo per la propria sepoltura. Ricostruita in stile barocco nel 1611, rimasero della fabbrica originaria il campanile, sul fianco nord del coro, databile alla metà dell’XI secolo, e la cripta, riscoperta nel 1914..

Vi si accede tramite una scala nell’angolo nord-ovest. Un corridoio trasversale voltato a botte introduce all’antica abside, articolata a sala. La struttura è a tre navate, con i quattro sostegni liberi centrali, interamente apparecchiati con spolia di età romana.

L’ambiente a sala è databile attorno all’anno Mille, per via delle volte a crociera imperfette, prive di sottarchi, e dei raccordi semplici di parete. Il corridoio trasversale d’ingresso appare invece più arcaico. Potrebbe quindi trattarsi del residuo di una prima fase, preromanica, della cripta a corridoio occidentale con cappelle allineate, successivamente allargata verso est. Sono infine del XII secolo gli affreschi con santi pavesi, il busto di Cristo, arcangeli e storie di San Giovanni Battista.

 

Luci e ombre nella cripta di San Giovanni Domnarum. Via Wikimedia Commons.

Luci e ombre nella cripta di San Giovanni Domnarum. Via Wikimedia Commons.

 

Monastero di Santa Maria alla Pusterla

Sito in via Menocchio, il monastero femminile di Santa Maria Teodote, detto della Pusterla, è originario della fine del VII secolo. Stando a Paolo Diacono, il re longobardo Cuniperto vi rinchiuse la bella Teodote, nobile fanciulla di stirpe romana. Della fase altomedievale del complesso restano l’alzato di una torre, oggi inglobato in un chiostro quattrocentesco, e le fondazioni dell’attigua chiesa di Santa Maria.

La torre, forse identificabile con una struttura di fortificazione delle mura urbiche, conserva tre rincassi cuspidati, in ognuno dei quali trova posto una croce in rilievo. La chiesa contigua, un oratorio dedicato a San Michele Arcangelo demolito nel 1867,  presentava una navata unica con il fianco settentrionale scandito da arcate cieche e una zona presbiteriale protetta da una recinzione. Ne facevano parte due plutei istoriati, oggi esposti ai Musei Civici di Pavia.

Oggi Santa Maria Teodote è un seminario arcivescovile. I plutei, raffiguranti pavoni, l’albero della vita e trame rappresentative del cristianesimo altomedievale, sono fra i bassorilievi più importanti oggi conservati della cultura longobarda. Quanto a San Michele, si deve ricordare come i Longobardi fossero particolarmente devoti al culto micaelico, rintracciandovi quegli attributi guerreschi accomunabili alle divinità dei culti germanici.

 

Rilievi su uno dei plutei custoditi rinvenuti nell'oratorio di San Michele alla Pusterla. Via Wikimedia Commons.

Rilievi su uno dei plutei custoditi rinvenuti nell’oratorio di San Michele alla Pusterla. Via Wikimedia Commons.

 

Santa Maria alle Cacce

La fondazione del monastero di Santa Maria alle Cacce, posta nell’attuale via Scopoli, e dell’annesso monastero viene ascritta dalla cronachistica bassomedievale ora al regno di Ratchis (744-749 e 756-757), ora a quello di Ragimperto, re per pochi mesi nel 701.

Santa Maria alle Cacce era una basilica trinavata e triabsidata. Delle antiche colonne marmoree di spoglio ne rimane una ancora oggi inglobata nel coro moderno. La chiesa fu composta nel Seicento e poi negli anni Trenta per opera di Emilio Carlo Aschieri, per renderla sacrario fascista.

A seguito di questa operazione si rinvenne la cripta del VIII secolo, articolata in tre absidi, collegati da un corridoio trasversale connesso alle estremità con le scale. Il chiostro, risalente invece al XVI secolo, è utilizzato oggi come edificio scolastico.

 

Chiostro di Santa MAria alle cacce. Via WIkimedia Commons.

Chiostro di Santa Maria alle Cacce. Via Wikimedia Commons.

 

San Felice

Il monastero di San Felice, inizialmente dedicato al Salvatore e ai santi Pietro e Paolo e poi nel X secolo al Santo di cui custodisce le reliquie, risale almeno al 760. Era detto «monasterium Reginae», forse in riferimento ad Ansa, consorte del re Desiderio. Sito nell’omonima via, fu uno dei principali monasteri benedettini di Pavia. Soppresso nel XVIII secolo e riconvertito in orfanotrofio, ospita oggi le sedi dei Dipartimenti di Filosofia, Psicologia e Scienze Economiche e Aziendali dell’Università degli Studi.

Il fianco sud della chiesa presenta un’articolazione ad arcate cieche con monofore. Il settore più occidentale è invece un allungamento protoromanico. Scavi del 1996 hanno riportato alla luce le fondazioni delle tre absidi, confermando la contemporaneità della cripta con l’organismo della chiesa.

In quest’ultima tra le absidi sono presenti piloni quadrati, configurando un settore orientale simile a quello di Santa Maria Teodote. Gli stessi scavi hanno riportato alla luce la fondazione della facciata preceduta a occidente da un atrio destinato a sepolture delle monache: tra queste particolarmente spicca la tomba della badessa Ariperga. Le decorazione della tomba e delle iscrizioni, tratte dal libro di Giobbe e dall’ufficio dei Defunti, sono databili alla seconda metà del secolo VIII.

 

San Felice: la PAvia longobarda integrata nella contemporaneità. Via Wikimedia COmmons.

San Felice: la Pavia longobarda integrata nella contemporaneità. Via Wikimedia Commons.

 

Duomo di Pavia

L’attuale edifico rinascimentale, la cui cupola ottagonale è fra le più imponenti d’Italia, è titolato a Santo Stefano e Santa Maria Assunta. Vi sorgevano in precedenza due cattedrali gemelle risalenti al VI, poi ricostruite in forme romaniche. Sul lato nord della struttura, su via Omodeo, sono ancora visibili alcuni resti longobardi di Santo Stefano, prima cattedrale cristiana dopo la conversione della popolazione. Altri reperti delle chiese gemelle sono conservati nei Musei Civici.

 

Esterni del Duomo di Pavia. Via Wikimedia Commons.

Esterni del Duomo di Pavia. Via Wikimedia Commons.

 

San Michele Maggiore

La Basilica, risalente al VII secolo e ricostruita fino al XII secolo, è fra le maggiori e più suggestive chiese di Pavia. Un tempo Basilica palatina per via dell’adiacenza alla sede regale, era prediletta da re Desiderio. Questi amava recarvisi a pregare ogni notte durante il drammatico assedio perpetrato da Carlo Magno. Dell’epoca longobarda rimane il campanile, mentre ad accogliere il visitatore oggi è l’imponente facciata in arenaria, pietra su cui gli agenti atmosferici hanno scolpito il segno del passare dei secoli.

 

PArticolare della facciata di San Michele MAggiore. Via Wikimedia COmmons.

Particolare della facciata di San Michele Maggiore. Via Wikimedia Commons.

 

San Pietro in Ciel d’Oro

Il nostro tour delle chiese della Pavia longobarda si conclude con la Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro, posta a nord della città lungo l’antica via per Milano, in un’area anticamente dedicata a necropoli. Risalente almeno al VII secolo, la presenza di diversi frammenti epigrafici sepolcrali databili ai secoli V e VI ne denuncia un’origine in età gota.

La fondazione a Basilica fu voluta da re Liutprando nel 722, per ospitare le spoglie di Sant’Agostino, trasferite quell’anno da Cagliari. Il monastero annesso venne affidato ai monaci colombaniani, dell’Ordine voluto da San Colombano, grande predicatore della cristianità del VII secolo soprattutto in Irlanda. Vi si formò, fra gli altri, proprio quel Paolo Diacono che abbiamo citto come fonte primaria per la storia dei Longobardi.

A seguito delle varie ricostruzioni e dei rovinosi saccheggi napoleonici del 1796, San Pietro in Ciel d’Oro si presenta oggi come una chiesa romanica in mattoni, a tre navate con transetto, abside e cripta. Della chiesa longobarda rimangono pochi resti, nascosti sotto la ricostruzione romanica. Al proprio, interno è custodita l’arca trecentesca di Sant’Agostino mentre, nella sua cripta, sono ospitate le spoglie di Severino Boezio, filosofo del V/VI secolo. Proprio durante l’esilio pavese Boezio scrisse la sua opera maggiore, il De Consolatione Philosophiae. A lui, infine, e a San Pietro in Ciel d’Oro, Dante Alighieri dedica alcuni versi nel X canto del Paradiso:

Lo corpo ond’ella fu cacciata giace
giuso in Cieldauro; ed essa da martiro
e da essilio venne a questa pace.

 

FAcciata di San Pietro in Ciel d'Oro. Via Wikimedia COmmons.

Facciata di San Pietro in Ciel d’Oro. Via Wikimedia Commons.

 

Ulteriori siti di interesse relativi ai Longobardi

Scoprire la Pavia longobarda vuol dire non solo muoversi come semplici turisti e visitatori, ma provare a indossare i panni degli storici e degli archeologi. La vicenda dei Longobardi investe tanti ambiti distinti, dall’arte e dall’architettura alla storia economia e religiosa della città. Ecco quindi due ultime mete aggiuntive per cogliere appieno la portata storica di quei secoli che tanto cambiarono la Storia di Pavia e dell’intera Penisola.

Musei Civici

I Musei Civici di Pavia hanno sede nel Castello Visconteo, l’imponente fortezza del XIV secolo che domina la città. I percorsi espositivi coprono un arco di tempo che va dalla fondazione romana della città al Risorgimento e alla Modernità. Particolarmente significativa per il nostro tour tematico è la Sala Longobarda, che ospita argenti paleocristiani, oreficerie tardoromane e svariati reperti longobardi. Fra questi spiccano i già citati plutei istoriati provenienti da Santa Maria alla Pusterla.

 

Ingresso del Castello VIsconteo e dei Musei Civici. Via Wikimedia COmmons.

Ingresso del Castello Visconteo e dei Musei Civici. Via Wikimedia Commons.

 

San Teodoro

La Basilica di San Teodoro è titolata all’eponimo vescovo di Pavia e ne ospita le spoglie. Risalente al XII secolo, rappresenta una sosta di interesse per un tour della Pavia longobarda in quanto custodisce al proprio interno un ciclo di 12 riquadri affrescati, che raccontano in modo agiografico il ruolo del Santo come difensore della città, al fianco di re Desiderio, durante l’assedio di Carlo Magno. Nella realtà storica, però, San Teodoro era in esilio dalla città al tempo della disfatta longobarda. Gli affreschi rappresentano comunque una sontuosa ricostruzione pittorica di quegli eventi destinati a cambiare le sorti di Pavia.

 

Esterni innevati di San Teodoro. Via Wikimedia Commons.

Esterni innevati di San Teodoro. Via Wikimedia Commons.

 

Enogastronomia: cosa mangiare e bere a Pavia

Dopo un’intera giornata passata far chiese e siti archeologici, o per spezzare un intero weekend dedicato alla visita della Pavia Longobarda, è raccomandabile almeno una sosta per assaporare le specialità enogastronomiche del territorio. Il piatto indubbiamente più rappresentativo è la zuppa alla pavese, un brodo a base di pane casereccio, formaggio e uovo. Leggenda vuole che la zuppa venne improvvisata da una contadina del luogo trovandosi a ospitare Francesco I di Francia nel 1525, durante la guerra contro Carlo V.

Altre specialità sono il risotto con pasta di salame e Bonarda, il risotto con il Luppolo Selvatico e la Cassœula. Quanto ai dolci, si segnala la Torta del Paradiso, a base di uova, fecola, zucchero, burro, lievito, vaniglia, succo di limone.

Fra i vini DOC di Pavia e dell’Oltrepò Pavese, infine, si possono elencare i rossi Bonarda, Buttafuoco, Casteggio, Sangue di Giuda, Pinot Nero e San Colombano in Lambro Rosso. Fra i bianchi, invece, Pinot Grigio e San Colombano in Lambro Bianco.

 

Pavia di notte vista dal Ticino. Via Wikimedia Commons.

Pavia di notte vista dal Ticino. Via Wikimedia Commons.

 

Bibliografia, sitografia e riferimenti

Di grande utilità, sia per la stesura del presente articolo che per chi volesse approfondire la storia della Pavia longobarda, è la guida Musei Civici di Pavia. Pavia longobarda e capitale di regno. Secoli VI-X, a cura di Saverio Lomartire e Davide Tolomelli, edito nel 2017 per Skira Editore. Si segnalano, quanto a sitografia, i portali Pavia e dintorni e VisitPavia. Infine, per informazioni e aggiornamenti sui Musei Civici della città, si consiglia il sito dedicato.

Print Friendly, PDF & Email

copyright Riproduzione riservata.