Fede Galizia, a Trento la mostra dedicata alla “mirabile pittoressa”


Allestita fino al 24 ottobre 2021 nel Castello del Buonconsiglio di Trento la mostra Fede Galizia. Mirabile pittoressa: è la prima monografica dedicata all’artista.


Ammirata dai suoi contemporanei, poi dimenticata nei secoli a venire. Forse perché “pittoressa”, cioè donna, il nome di Fede Galizia non riuscì a imporsi nel panorama della storia dell’arte. Anche se nel 1714, circa ottant’anni dopo la sua scomparsa, Carlo Torre la ricordava ancora nella sua guida alla città di Milano come pittrice “mirabile”, degna di meraviglia.

Una mostra a Trento, sua città di origine, cerca ora di salvarla dall’oblio: Fede Galizia. Mirabile pittoressa, che sarà ospitata nelle sale del Castello del Buonconsiglio fino al 24 ottobre 2021. La mostra, curata da Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa, è la prima antologica dedicata alla pittrice vissuta tra il Cinquecento e il Seicento, in un secolo in cui le donne iniziavano ad affacciarsi pubblicamente al mondo della pittura.

Circa ottanta opere tra dipinti, disegni, incisioni, medaglie e libri antichi ricostruiscono il contesto storico in cui Galizia visse e operò. Oltre alle sue opere, sono esposti i lavori di altre sue onorevoli “colleghe”: Plautilla Nelli, Sofonisba Anguissola, Lavinia Fontana e Barbara Longhi, ma anche quelli di altre personalità rappresentative dell’epoca, come Arcimboldi, Bartholomeus Spranger, Giovanni Ambrogio Figino, Jan Brueghel e Daniele Crespi. Le opere provengono dai più importanti musei italiani (come la Pinacoteca di Brera e il Castello Sforzesco di Milano, gli Uffizi di Firenze, la Galleria Borghese di Roma) e da alcuni musei internazionali: il Muzeum Narodowe di Varsavia, il Ringling Museum of Art di Sarasota e il Palacio Real de la Granja di San Ildefonso.

Una biografia misteriosa

Ma chi era Fede Galizia? Un’artista poliedrica dal pennello preciso, una pittrice che riuscì a conquistare la fama internazionale, se pensiamo che alcune sue opere raggiunsero le collezioni dell’imperatore Rodolfo II d’Asburgo. Una donna le cui vicende biografiche sono però ancora avvolte nel mistero.

Di lei non è certa la data di nascita né la data di morte. La mostra, attraverso le nove sezioni in cui è ripartita, intende ripercorrere quel poco che si sa della sua vita.

A partire dal legame con Trento, che la pittrice rivendicava fieramente nonostante forse non vi avesse mai vissuto. La famiglia abitò lì prima di spostarsi a Milano in cerca di fortuna. Erano gli anni della Controriforma, che proprio da Trento irradiava la sua azione grazie al Concilio. Nel suo stesso nome di battesimo, Fede conservava l’impronta del contesto storico di provenienza. A sottolineare il legame tra Fede e la città di Trento è tuttavia una sua raffigurazione del “beato” Simonino da Trento, presente in mostra.

Non sappiamo quando e come Fede Galizia iniziò l’attività di pittrice. Possiamo immaginare che lo svezzamento artistico avvenne presto, nella bottega del padre Nunzio, artista anche lui, impegnato nel mondo della miniatura, dei costumi, degli accessori e della cartografia. A Milano riuscirono ad affermarsi entrambi. Nel 1587, il nome della pittoressa iniziava ad essere celebrato a stampa.

Non solo nature morte

Oggi il nome di Fede Galizia è noto soprattutto per le sue nature morte, un genere ancora poco diffuso all’epoca. Fede fu tra i primi artisti a cercare di “catturare la vita silente” sulla tela (questo il titolo della sezione dedicato al genere). Ma il talento della pittoressa si è espresso in molti campi, dai ritratti (come quello di Ludovico Settala, il medico della peste manzoniana) alle pale d’altare. Protagonista della produzione sacra di Fede Galizia è l’opera Noli me tangere, la più ammirata dai viaggiatori del passato.

Al centro del percorso espositivo c’è la sezione dedicate alle Giuditte di Fede Galizia. Quello dell’eroina biblica che decapitò il generale assiro Oloferne è un soggetto che ha affascinato molti artisti coevi e successivi, da Caravaggio ad Artemisia Gentileschi. Anche la pittrice trentina ne era ossessionata, come dimostrano le numerose varianti sul tema esposte in mostra. Ogni composizione presenta piccole varianti negli accessori, nei colori e nell’inquadratura. La più celebre è la Giuditta proveniente dal Riesling Museum of Art di Sarasota, datata 1596, che offre alla pittrice il pretesto per mostrare le sue abilità nella rappresentazione dei costumi e dei gioielli.

Sulla lama del coltello fatale, svetta la firma dell’autrice: un dettaglio che crea una corrispondenza con la donna ritratta, raccontando una storia comune di forza, di indipendenza, di lotte e infine di trionfo, in un mondo maschile più abituato a dimenticare che ad ammirare.

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