Tre borghi da vedere in Campania


In Campania tre borghi che raccontano tre storie diverse: il borgo di Padula, con la sua Certosa di San Lorenzo; Teggiano con la sua storia medioevale e Roscigno Vecchia, con la sua atmosfera agropastorale.


Ecco i tre borghi da scoprire in Campania

In Campania la Padula monastica con la Certosa di San Lorenzo è stata progettata nel 1306 su una superficie di oltre cinquantamila metri quadrati suddivisi tra una zona di residenza per i monaci, con di più di trecento celle e ambienti di preghiera come la chiesa e il chiostro. Quest’ultimo, con i suoi 12mila metri quadrati racchiusi in 84 scenografiche colonne, è il più grande al mondo. 

Teggiano e le sue cronache medievali legate alla Congiura dei Baroni, ordita nel Castello Normanno e finita tragicamente nel Maschio Angioino di Napoli, ed alla tavola della Principessa Costanza, festa di metà agosto. Roscigno Vecchia, borgo che, nel secolo scorso, si è svuotato, cristallizzato in un fascino senza tempo, fra pietra, aria e natura. È un vero e proprio museo dalle atmosfere agro pastorali sospeso fra cielo e terra.

Tre luoghi affascinanti che catturano viaggiatori, turisti e storici con la malìa di un racconto unico al mondo. Ecco i tre borghi della Campania.

1. La Certosa di Padula: tra i borghi della Campania

@Campania

 

La Certosa di San Lorenzo a Padula, capolavoro del Barocco, è stata il primo monastero fondato dai monaci certosini in Campania e, per magnificenza e grandezza, la più estesa d’Italia.

Voluta dal barone Tommaso di San Severino, fu progettata nel 1306 su una superficie di oltre di 50mila metri quadrati. Suddivisi, questi, tra una zona di residenza per i monaci, con di più di trecento celle, e ambienti di preghiera come la chiesa e il chiostro. Quest’ultimo, con i suoi 12mila metri quadrati racchiusi in 84 scenografiche colonne, è il più grande al mondo.

La Certosa ricorda nel disegno la graticola, strumento del martirio cui fu sottoposto San Lorenzo, riprodotto più volte nelle decorazioni e nei fregi di tutto il complesso.

Oltre il filtro della facciata, di gusto tardo manierista ed arricchita poi dalla decorazione settecentesca, s’incontrano prima gli ambienti di rappresentanza e quelli per gli usi della comunità. Poi quelli per la vita più intima dei Certosini, come il chiostro grande e le celle. La cucina, invece, presenta un particolare interesse perché conserva parte del suo arredo fisso risalente al XVIII secolo. Collegate alle cucine, nel sottosuolo, sono le gigantesche cantine. Adiacenti al grande appartamento del Priore, la cappella di San Michele, decorata da stucchi e dipinti trecenteschi, e l’elegante scala a chiocciola che conduce alla biblioteca.

Antistante la facciata è la grande corte esterna con i locali di servizio funzionali alla vita della Certosa: il frantoio, i mulini, le stalle, le scuderie. Parallele alla facciata principale, dove si apre il portale d’ingresso alla corte, sono situate la torre degli armigeri, la cappella della Maddalena e la chiesa dedicata a San Lorenzo, aperta ai fedeli. Infine la spezieria, ad uso dei Certosini e degli estranei, decorata da affreschi settecenteschi. Il Chiostro grande ha forma rettangolare, con due ordini di portici su 84 arcate. Il chiostro della Foresteria, a portico e loggia, con fontana al centro, è di impianto tardo manierista. Sulla loggia affrescata con architetture e paesaggi, si aprono gli ambienti che accoglievano gli ospiti illustri, quelli della cosiddetta foresteria nobile.

Pensata per “abitare” la regola dell’Ordine che raccomanda preghiera e lavoro, nella cappella i preziosi marmi sono una vera lode d’arte sacra insieme alle pregiate mattonelle di ceramica vietrese che rivestono il pavimento della ricca biblioteca.

La grande cucina, le cantine, le lavanderie, gli orti e i frutteti testimoniano il tempo dedicato alle attività lavorative della comunità monastica. I lavori di costruzione proseguirono, con ampliamenti e ristrutturazioni, fino al XIX secolo. Dell’impianto più antico restano alcuni elementi. Tra questi si ricordano lo splendido portone della chiesa datato al 1374 che si apre su bellissime volte a crociera. Le trasformazioni più rilevanti risalgono alla metà del Cinquecento, dopo il Concilio di Trento. Seicenteschi sono gli interventi di doratura degli stucchi della chiesa, mentre gli affreschi e le trasformazioni d’uso di ambienti esistenti risalgono al Settecento. I Certosini lasciarono Padula nel 1807, durante il decennio francese del Regno di Napoli, quando furono privati dei loro possedimenti nel Vallo, nel Cilento, nella Basilicata e nella Calabria.  

È un simbolo architettonico della spiritualità e della ricchezza economica del territorio che conserva intatta la magia di un luogo incantato.

Non a caso Francesco Rosi ambientò qui il film “C’era una volta…” (1967), fiabesca storia con Sophia Loren e Omar Sharif. Più di recente, nel 2017, l’artista Vanessa Beecroft ha realizzato la performance “VB82”Una iniziativa della Regione Campania che si è rivelata un evento culturale planetario. Le immagini della rappresentazione realizzata nel refettorio della Certosa hanno fatto il giro del mondo. Hanno documentato la capacità di ispirazione per l’arte contemporanea generata dalle ricchezze storiche e culturali della Campania.

Nel 1998 l’Unesco l’ha riconosciuta Patrimonio dell’Umanità.

2. Teggiano: tra i borghi della Campania

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Su un colle che si raggiunge percorrendo panoramici tornanti, si erge il centro di maggiore interesse storico – urbanistico del Vallo di Diano: Teggiano, inserito nella lista dei 71 villaggi d’Europa. Saluta i visitatori con l’obelisco di San Cono, patrono di questo “gioiellino” che domina la vallata. Da visitare innanzitutto le chiese: San Michele Arcangelo, dell’Annunziata e quelle di Sant’Agostino e di San Pietro. Imponente la cattedrale di Santa Maria Maggiore, che custodisce un bellissimo pulpito ligneo della seconda metà del XIII sec. Spettacolare il Castello Normanno, dove fu ordita la “Congiura dei Baroni” che finì nel Maschio Angioino di Napoli. Motivi di grande interesse presenta il Seminario, le cui origini risalgono al 1564. Importante fonte di conoscenze storiche è la Biblioteca.

Infine, i quattro conventi risalenti al periodo medievale: uno agostiniano, uno francescano, uno benedettino e uno celestino.

Tutti da vedere, insieme al monastero femminile benedettino e alle tante cappelle costruite tra il 1300 e il 1350, impreziosite da notevoli opere d’arte. Il centro storico è poi un autentico scrigno che svela gioie inaspettate. Si sviluppa attraverso vie e piazze sontuose, su cui affacciano palazzi gentilizi che abbracciano almeno sei secoli di storia. Dal Medioevo al XVIII secolo. I musei sono tre. Il Diocesano, quello delle Arti e delle Tradizioni del Vallo di Diano e quello delle Erbe. In ricordo delle nozze tra Antonello Sanseverino, Principe di Salerno e Costanza, figlia di Federico da Montefeltro, il grande Duca di Urbino, celebrate nel XV secolo, ogni anno Teggiano ospita “Alla Tavola della Principessa Costanza”, festa medievale di metà agosto.

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3. Roscigno Vecchia: tra i borghi della Campania

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Un borgo unico dove il tempo si è fermato. Un solo abitante, sembra stare lì a custodire la memoria di Roscigno Vecchia, la Pompei del Novecento.

Questo paese che, nel secolo scorso, si è svuotato, cristallizzato in un fascino senza tempo, fra pietra, aria e natura è un vero e proprio museo dalle atmosfere agro pastorali, sospeso fra cielo e terra. Alberi, arbusti, cespugli, more di rovo, erbe e fiori selvatici si sviluppano in libertà. Abbracciano ogni pietra che ha resistito alla presenza umana ormai remota.

Chi arriva fin qui può incontrare l’unico residente che sembra uscito dalla sceneggiatura di un film e visitare il Museo della Civiltà Contadina.

Primo del suo genere in Campania, allestito e nell’ex casa canonica che documenta con foto, utensili originali e materiali autentici i diversi cicli della vita e del lavoro contadino.

Un viaggio nella produzione tradizionale dell’uva e del vino, dell’olivo e dell’olio, del grano e del pane. Nei gesti e sapienze dell’allevamento e dell’agricoltura tramandati da generazioni.

Un viaggio nella sacra lentezza di una vita di lavoro, testimoniata da insegne di botteghe e officine di antichi mestieri, che scorre in armonia con la natura, l’ambiente e gli animali. Evoca inoltre le atmosfere leopardiane de “Il sabato del villaggio”.

In questo tipico ambiente agreste, dopo una breve passeggiata fra vicoli e stradine, la vista si apre su piazza Nicotera dove si ammira l’antica fontana in pietra. Storico punto di incontro e simbolo del paese, un abbeveratoio e un lavatoio e poco più avanti, la settecentesca chiesa di San Nicola.

Atmosfere uniche che sono spesso la scenografia di film con importanti attori come Cristiana Capotondi, Luca Zingaretti, Tony Servillo, Tony Sperandeo, Giorgio Pasotti.

Fra le festività religiose più sentite si celebrano, la domenica successiva a Pasqua, la ricorrenza della Madonna di Costantinopoli e il 16 agosto quella del Santo patrono, San Rocco, la sacra rappresentazione della Natività col “Presepe ‘900” e la profana festa hippy “Flower Fest”. Fra gli eventi ricordiamo i raduni domenicali di automobili d’epoca. Infine le giornate di turismo dedicate agli amanti dei cani organizzate dall’associazione “I segugi di Roscigno Vecchia”.

La storia di Roscigno ha radici molto antiche rintracciabil nel Parco archeologico del Monte Pruno, dove sono state rinvenuti sepolture, corredi funerari, vasellame, utensili, armi, manufatti in ambra. Questi testimoniano la presenza tra l’ VIII e il VII secolo a. C., di un’aristocrazia guerriera.

Grazie al lavoro della locale Scuola di Scavo Monte Pruno, gestita dalla Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per le province di Salerno e Avellino, dal Comune di Roscigno e dall’Università Federico II, è stata ritrovata e recuperata un’intera tomba principesca oggi esposta al Museo Archeologico di Paestum.

Fonte: Campania

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