Montefabbri, Morro d’Alba, Ripatransone e San Ginesio: un fine settimana alla scoperta di quattro borghi più belli delle Marche
Borghi storici, panorami mozzafiato e sapori autentici sono gli elementi che contraddistinguono un fine settimana nelle Marche. Con la primavera e le giornate di sole più frequenti, è il momento ideale per esplorare questa regione che nel 2025 conta ben 32 paesi riconosciuti ‘Borghi più Belli d’Italia’. In questo articolo vi suggeriamo un itinerario in quattro tappe o un’idea per trascorrere più di un weekend in questa terra.
Weekend in 4 borghi delle Marche |
Quattro borghi delle Marche da non perdere:
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Montefabbri, il borgo dei sogni nelle Marche
In provincia di Pesaro-Urbino, Montefabbri è una frazione di Vallefoglia. Un piccolo borgo medievale circoscritto da un’antica cinta muraria e con vicoli stretti. Le origini del toponimo non sono ancora chiare. La versione più accreditata lega il nome all’architetto italiano Francesco Paciotti, conte di Montefabbri, che nel 1578 acquistò il territorio e fece realizzare sul monte la sua rocca.
Cosa vedere a Montefabbri
Si entra nel paese dalla porta del castello, nonché unica via di accesso al borgo. Sulla parte superiore dell’arco è possibile osservare una piastrella con la Madonna del Latte, dall’altro lato invece lo stemma della famiglia Paciotti.
Attraversata la porta si apre via del Baldo che conduce alla Pieve di San Gaudenzio. Un’antica collegiata donata da Papa Benedetto IX al conte di Rimini e antecedente alla fondazione del borgo. Si dice, infatti, che intorno alla chiesa si sarebbe poi sviluppato Montefabbri. Al suo interno sono conservate tele in stile barocco ed eleganti ornamenti decorano gli altari nelle nicchie, balaustre e cornici.
Dopo la chiesa, alla fine di via Baldo, si può ammirare la torre campanaria alta 25 metri e risalente al XV secolo.
A luglio il borgo si anima con ‘Fiesta Global’. Un evento interculturale organizzato dall’associazione giovanile locale Tribaleggs nel quale si svolgono attività e spettacoli d’arte varia per celebrare culture vicine e lontane.
Cosa mangiare a Montefabbri
Tra le specialità locali e regionali merita un assaggio la Crescia di Pasqua. Un lievito al formaggio a forma di panettone, ideale da accompagnare con il salame e le uova sode. In tutta la provincia è comune trovare tra i piatti locali le tagliatelle con funghi e tartufo, e la piadina.
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Morro d’Alba e il suo vino
Spostiamoci nella provincia di Ancona per scoprire il borgo di Morro d’Alba. Posizionato in cima a un colle, a 119 metri di altezza, Morro d’Alba fa parte dei Castelli di Jesi – insieme di comuni della Vallesina sorti intorno alla città di Jesi – e della Valle del Triponzio.
L’origine del nome sembra essere legata proprio alla sua posizione rialzata. Il termine ‘Morro’ deriva da murr, ovvero altura, roccia. La parola ‘Alba’ sembra essere stata aggiunta in un secondo momento.
Cosa vedere a Morro d’Alba
Visto dall’alto il borgo ha una forma a pentagono, data proprio dalla cinta muraria. Costruite a scopo difensivo nel XIII secolo, le mura sono pedonali grazie a un percorso lungo 300 metri denominato ‘Camminamento della Ronda’ o ‘La Scarpa’. Il passaggio è quasi del tutto coperto e possiede delle finestre che affacciano sul paesaggio circostante.
Dal camminamento si accede a diversi edifici tra cui il Museo Utensilia, ospitato nei sotterranei del castello, dove è conservata una collezione di strumenti agricoli.
Consigliamo anche la visita del palazzo comunale che ospita al suo interno la pala d’altare Incoronazione della Vergine e i santi Francesco Bonaventura, Michele Arcangelo, Domenico Giuseppe realizzata dall’artista Claudio Ridolfi nel 1630.
Prodotti tipici di Morro d’Alba
Morro d’Alba appartiene all’associazione nazionale Città del Vino per la produzione di una particolare tipologia riconosciuta Doc ‘Lacrima di Morro d’Alba‘. Il nome deriva dall’uso di un’antica varietà di uva nera denominata Lacrima, vitigno coltivato solo in alcune aree della provincia di Ancona e in questo borgo.
Dal colore rosso rubino e dall’odore persistente, questo vino si accompagna bene a primi piatti a base di sugo e carne rossa, e secondi di carne bianca. Si lega bene anche al brodetto di pesce e allo stoccafisso.
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Marche, Ripatransone: il borgo con il vicolo più stretto d’Italia
Ripatransone è uno dei borghi più antichi nella provincia di Ascoli Piceno. Sorge su un colle a 494 metri di altezza, che gli consente di avere una vista privilegiata sui territori circostanti e sul Mare Adriatico, tanto da guadagnarsi il soprannome di ‘Belvedere del Piceno’.
Si tratta di un borgo ricco di unicità. Nel sottosuolo infatti è attraversato da una rete di cave denominate Grotte di Santità. Si tratta di cunicoli artificiali risalenti alla preistoria chiusi nel 1967. Non in ultimo, vanta il primato del vicolo più stretto d’Italia – con una larghezza di 43 cm e un’altezza di 38 cm.
Le origini del toponimo risalgono all’Alto Medioevo ed è il risultato dell’unione della parola ‘ripa’, ovvero rupe, e ‘Transone’, il fondatore del feudo.
Cosa vedere a Ripatransone
Il borgo è delimitato da una vasta cinta muraria, che si estende per 2418 metri, e si accede alla città attraverso tre porte: Porta di San Domenico o Roflano, Porta d’Agello e Porta di Monte Antico.
Nel cuore del paese sono presenti numerose architetture religiose, tra le varie citiamo la Concattedrale di San Gregorio Magno e Santa Margherita, costruita tra il 1597 e il 1623 in piazza Condivi. Al suo interno si trova la cappella della Madonna di San Giovanni e la cripta della Misericordia e Morte.
Non in ultimo, consigliamo la visita del Palazzo trecentesco del Podestà che ospita al suo interno un teatro. Il primo piano dell’edificio è stato trasformato, intorno al Settecento, in un odeon intitolato al poeta Luigi Mercantini.
Cosa mangiare a Ripatransone
Per conoscere i sapori locali di questo borgo è d’obbligo assaggiare il Ciavarro e lo stoccafisso in salsa ripana.
Il Ciavarro è una ricetta antica, preparata in occasione del primo di maggio, quando bisognava fare i conti con gli ultimi avanzi del raccolto precedente. Si tratta di una zuppa a base di legumi e cereali oggi arricchita con la pancetta.
Lo stoccafisso in salsa ripana è un piatto preparato in occasione del Santo Antonio Abate che cade il 17 gennaio. Si tratta di una ricetta semplice a base di cipolla, finocchio, timo, maggiorana, carota, sedano, prezzemolo, maggiorana e salvia.
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San Ginesio, il borgo del mimo nelle Marche
In provincia di Macerata, San Ginesio si trova a 680 metri sul livello del mare. È inserito all’interno del Parco Nazionale dei Monti Sibillini godendo di una vista privilegiata su diversi paesaggi: dal Conero agli Appennini umbro-marchigiani, la catena dei Sibillini, il Monte Ascensione e il Gran Sasso. Per questa particolarità si è guadagnato il soprannome di ‘Balcone dei Sibillini’. Ma è anche conosciuto come il ‘Paese delle 100 chiese’ per la vasta presenza di edifici religiosi conservati sia dentro sia fuori dalle mura.
Il nome del borgo è strettamente correlato al patrono Lucio Ginesio. Artista, musicista e mimo fu ucciso dall’imperatore Diocleziano poiché si rifiutò di deridere, durante un suo spettacolo, il rito del battesimo in un periodo storico in cui i cristiani predicavano il proprio culto di nascosto. Le spoglie del santo sono conservate nella chiesa Collegiata.
Cosa vedere a San Ginesio
Le mura del borgo, dotate di torri e quattro archi d’ingresso, sono state realizzate nel XIV secolo in pietra arenaria. Superata la cinta muraria e giunti nella piazza principale, si trova la chiesa Collegiata di Santa Maria Assunta, costruita su una cappella paleocristiana nell’XI secolo. Al suo interno sono conservate importanti opere come Madonna con Bambino e Santo Patrono, realizzata da uno studente del Perugino, lavori di Federico Zuccari, del Pomarancio e affreschi di Francesco Salimbeni. Accanto alla facciata svetta la torre campanaria in stile romano ricostruita nel Seicento.
Nel centro storico è possibile vedere i resti dei portici dell’Ospedale dei Pellegrini. Un edificio costruito nel XIII secolo per accogliere i pellegrini diretti a Roma.
Un’ultima sosta da fare è alla pinacoteca comunale Scipione Gentili, ospitata all’interno dell’ex chiesa di San Sebastiano, dove sono esposte importanti opere artistiche e architettoniche.
Cosa mangiare e bere a San Ginesio
Il polentone di San Ginesio è un piatto a base di farina di mais accompagnato da un sugo con cinque diverse tipologie di carne, oppure in bianco insieme a salsiccia, funghi e costate di maiale. Il tutto accompagnato da un buon calice di Doc San Ginesio. Si tratta di due tipologie di vino rosso, uno fermo e l’altro spumante, prodotte in questa terra e ottenute dalla vernaccia nera.
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