In Giappone, dal prossimo luglio, nascerà un hotel di soli robot, l’Henn-na Hotel, dove ad accogliervi ci sarà un robot che vi assegnerà la camera parlando nella vostra lingua, un altro che si occuperà di trasportare il bagaglio e di aprire la porta della stanza. Un altro androide ancora vi porterà la colazione e vi farà pagare il conto. E così via. La direzione della struttura ha come obiettivo quello di affidare in pochissimi mesi al 90% la gestione dell’attività a dei robot. Una grande novità, quasi suggerita dal nome stesso dell’albergo (Henn in giapponese significa cambiamento). L’hotel è a Sasebo, a sud di Nagasaki, nel parco a tema Huis Ten Bosch. Il parco mira a riproporre il modello di città olandese, sia nella struttura che nell’architettura.
Si tratta di sofisticatissime macchine in grado di parlare diverse lingue: per ora giapponese, cinese, coreano e inglese. Ma a breve ne verranno aggiunte molte altre. Le sembianze umane rendono gli androidi difficilmente distinguibili dal personale in carne e ossa della struttura, anche perché sono in grado di incrociare lo sguardo con le persone e di salutare educatamente il cliente. Sviluppati dall’Università di Osaka, i robot sono stati costruiti dalla Kokoro, la società che detiene il marchio Hello Kitty.
Lo sviluppo dell’industria dei robot si inserisce in un percorso preciso seguito dal Giappone: no alla manodopera straniera, sì ai lavoratori fatti in casa. Anche perché gli androidi sono lavoratori infaticabili, non si ammalano, non vanno in ferie, non chiedono aumenti di stipendio e il pagamento degli straordinari. L’ultimo modello di robot, realizzato dalla Softbank Corp., è stato battezzato ‘Pepper’ ed è il primo robot che prova emozioni: il suo processore Emotion Engine è in grado di comprendere le emozioni delle persone interpretando l’espressione del viso, il tono di voce e il linguaggio del corpo. Un bel passo in avanti rispetto al Robot Barista specializzato nel fare caffè, protagonista alla Settimana del Robot Giapponese.
Curiosità
Il primo a utilizzare la parola robot (dal ceco robota, lavorare, per indicare i robotnik, servitori che dovevano svolgere i lavori più pesanti) in letteratura è stato lo scrittore ceco Karel Capec nel suo libro RUR – I lavoratori tuttofare di Rossum del 1920. Se vogliamo trovare le radici dei robot, spesso considerati l’emblema del futuro, dobbiamo risalire a Omero, che parla del deforme Efesto, costruttore di automi dalle fattezze umane dai quali si faceva aiutare a lavorare nella sua fucina nell’Etna. Ironia della sorte, Omero narra che fu proprio Efesto, con l’aiuto degli automi, a dare vita a Pandora, la prima donna dell’umanità. Che i nostri guai discendano da un robot?
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