Mostra all’Ara Pacis: da Spartaco in poi, il mito di Roma costruito sulla schiavitù

 

Fino a che tutti non sono liberi, nessuno è libero. (Martin Luther King)

Ancora oggi il mondo non è riuscito a liberarsi dalla piaga della schiavitù. E 21 milioni di donne, uomini e bambine sono intrappolati nella tela del lavoro forzato, secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro – l’Agenzia Onu che lotta contro la schiavitù e ha fornito contributi in occasione di questa mostra. Una pratica che, seppure esistita in tutte le epoche, è stata resa sistema capillare proprio dai romani. Non a caso il più grande sistema schiavistico che la storia abbia mai conosciuto è quello di Roma antica. Un’intera economia basata sullo sfruttamento del’essere umano. Ed è proprio questo l’argomento esplorato dalla mostra Spartaco. Schiavi e padroni a Roma, ospitata dal Museo dell’Ara Pacis fino al prossimo al 17 settembre.

Cruda ed estremamente violenta fu la storia di Spartaco, ricostruita grazie a un team di archeologi, scenografi, registi e architetti che hanno restituito tutta la complessità del mondo degli schiavi nell’antica Roma a partire dall’ultima grande rivolta guidata da Spartaco tra il 73 e il 71 a.C. Divenuto gladiatore.

Una ribellione organizzata dalla scuola di gladiatori di Capua. Schiavi, poveri, diseredati andarono a comporre un esercito che con rabbia e voglia di riscatto lottò contro l’esercito romano tenendogli testa per ben tre anni. Il resto è storia. La sconfitta, il corpo di Spartaco mai ritrovato e 6 mila dei suoi compagni crocifissi sulla via Appia, lungo il tratto tra Roma e Capua.

E la storia della schiavitù viene raccontata qui, all’Ara Pacis, in questa esposizione promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura e curata da Claudio Parisi Presicce e Orietta Rossini,

in un percorso che si apre su 11 sezioni con oltre 250 reperti archeologici e un gruppo di 10 fotografie, inserite in un racconto immersivo composto da installazioni, audio e video, che getta un faro sulle ambientazioni dell’epoca e il contesto storico in cui questa brutale pratica si è diffusa, fino a diventare il motore che ha spinto l’intera economia dell’antica Roma a divenire così potente e forte.

Lesistenza di questa società si basava su due condizioni:

da una parte la repressione ferrea dei comportamenti devianti e quindi la paura del dominus, che accompagnava lo schiavo dalla culla alla tomba;

dall’altra l’esistenza di una via di uscita dalla schiavitù, una porta verso la libertà che il diritto romano lasciava aperta davanti al servus.

Si tratta della manumissio, l’occasione offerta dal diritto romano agli schiavi più meritevoli e a quelli che erano riusciti, arricchendosi, a comprare la propria libertà. Si trattava comunque di una pratica diffusa e unica nella storia della schiavitù tanto che gli schiavi liberati, i liberti, potevano divenire a pieno titolo cittadini romani. Aspetto indagato nella decima sezione della mostra.

La società, l’economia e l’organizzazione dell’antica Roma non avrebbero potuto raggiungere traguardi così avanzati senza lo sfruttamento pianificato delle capacità e della forza lavoro di milioni di individui privi di libertà, diritti e proprietà. Basti pensare che stime recenti hanno calcolato la presenza tra i 6 e i 10 milioni di schiavi su una popolazione di 50/60 milioni di individui.

E il nostro sguardo di ammirazione rivolto alla magnificenza dell’antico non deve distoglierci da questa verità.

E le 11 sezioni della mostra lo chiariscono in modo netto, raccontando di schiavi in qualsiasi ambito di attività:

dagli schiavi domestici a quelli nei campi. Dalla schiavitù femminile legata allo sfruttamento sessuale, così grave e reiterato che dovette servire una legge ad hoc per fermarla, agli schiavi bambini. E poi gli schiavi nelle cave e nelle miniere, il mercato degli schiavi, l’analisi sulla schiavitù e la religione.

Insomma, sembra quasi di parlare di problemi odierni. Perché è vero, questa pratica brutale è stata resa capillare nell’antica Roma, ma sembra che da quel contesto storico così lontano il mondo si sia evoluto solo in parte. Le tipologie di schiavitù indagati dalla mostra sono in un certo senso le nostre stesse schiavitù. Che rimangono, che continuano a umiliare, sfruttare e uccidere milioni di persone in tutto il mondo. Bambini compresi.

 

Al mondo infatti, su mille persone, tre sono schiave, secondo i dati dell’Organizzazione internazionale del lavoro.

I tre quinti di sesso femminile, i due quinti maschi. Oltre un quarto sono minori: in tutto il mondo da 6 a 10 milioni di bambine e bambini sono costretti ai lavori forzati, vittime dei traffici sessuali o segregati come sguatteri. E sempre l’Ilo stima che i lavori forzati generino proventi illeciti per 150 miliardi di dollari l’anno, attestandosi come la seconda fonte di profitto della criminalità organizzata, dopo le droghe.

La mostra è accompagnata da 10 fotografie pronte a lanciare ulteriori forti denunce per immagini, scattate da maestri fotografi – di Lewis Hine, Philip Jones Griffith, Patrick Zachmann, Gordon Parks, Fulvio Roiter, Francesco Cocco, Peter Magubane, Mark Peterson, Selvaprakash Lakshmanan – che in tempi recenti hanno voluto osservare con il proprio sguardo e la propria macchina fotografica alcune forme di schiavismo dell’epoca post-industriale e contemporanea.

 

Info utili:

Mostra
Spartaco. Schiavi e padroni a Roma

Luogo
Museo dell’Ara Pacis, Roma

Date
31 marzo – 17 settembre 2017-04-08

Biglietti
Solo mostra
Intero euro 11,00
Ridotto euro 9,00

Credits: Zètema Progetto cultura

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