La Puglia dei trulli, patrimonio UNESCO dalla storia millenaria


I trulli di Alberobello in Puglia sono famosi in tutto il mondo, patrimonio UNESCO dal 1996. Il loro fascino è legato a un’origine misteriosa, una simbologia esoterica e un’architettura ecosostenibile incredibilmente attuale. “Costruzioni senza tempo”, come li ha definiti Emile Berteux, in bilico tra leggenda e realtà.


E dovunque muri e muretti, non dieci, non venti, ma più, molti di più, allineati sui fianchi di ogni rilievo, orizzontalmente, a distanza anche di pochi metri, per contenere il terreno, per raccoglierne e reggerne un po’ tra tanto calcare. Mi chiederai come ha fatto tanta gente a scavare ed allineare tanta pietra. Io penso che la cosa avrebbe spaventato un popolo di giganti. Questa è la Murgia più aspra e sassosa; […] non ci voleva meno che la laboriosità d’un popolo di formiche.

Tommaso Fiore, Un popolo di formiche

Una distesa di costruzioni bianchissime, sormontate da curiosi tetti grigi a forma di cono, come i cappelli a punta dei maghi delle fiabe. E sembra proprio uscito da una fiaba il comune pugliese di Alberobello, che grazie a queste casupole è diventato famoso in tutto il mondo. Non a caso il paesino ha ispirato anche i cartoni animati, trasformandosi sul piccolo schermo in un villaggio incantato popolato da piccoli maghi-chef.

Queste curiose abitazioni circolari sono i trulli che, dal 1996, sono entrati nella lista del Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO. La motivazione che ha segnato l’ingresso dei trulli tra le meraviglie del mondo da tutelare ha a che fare con la loro storia millenaria, che li rende una testimonianza dal valore inestimabile: “un sito di valore universale ed eccezionale in quanto sono l’esempio di una forma di costruzione ereditata dalla preistoria e sopravvissuta intatta, pur nell’uso continuativo, fino ai nostri giorni”. Una storia, va detto, tanto antica quanto misteriosa.

C’è chi fa risalire l’origine dei trulli alle tombe a thòlos di epoca micenea, rintracciando delle somiglianze con la cosiddetta “Tomba di Agamennone” in Grecia e con le molte costruzioni funebri simili diffuse nel Mediterraneo. Chi invece paragona i trulli alle case della città di Harran, in Turchia, da dove, 2000 anni prima della nascita di Cristo, si narra fosse partito il patriarca Abramo per raggiungere con il suo popolo la terra di Canaan. Se così fosse, i trulli avrebbero addirittura un’origine biblica. Non possiamo che limitarci a congetture, visto che non esistono trulli tanto antichi, per la facilità con cui venivano “riciclati”: era più facile distruggere un trullo e ricostruirlo con gli stessi materiali che ripararlo.

La provvisorietà dei trulli è una loro caratteristica fondamentale, come tramanda l’aneddoto più famoso sulla loro origine. Risale al XVII secolo, quando il signore della zona era il Conte di Conversano Giangirolamo Acquaviva d’Aragona, detto “il Guercio”. All’epoca esisteva un editto regio che imponeva di pagare una tassa per ogni nuova costruzione fatta erigere nel regno: lo scaltro conte aveva perciò imposto ai suoi coloni di costruire le loro abitazioni a secco, senza l’utilizzo di malta, in modo da poterle “smontare” in fretta e furia quando gli ispettori del re si trovavano in zona. Stando a questa storia, quindi, i trulli rappresenterebbero un antico esempio di… evasione fiscale!

Ma l’incertezza relativa alle origini non è l’unico enigma attorno a queste abitazioni. Sono stati a lungo oggetto di studio i pinnacoli in cima al trullo e i simboli sulla cupola, dipinti con latte di calce. Sembra che avessero entrambi funzione apotropaica, per allontanare dalla casa gli spiriti maligni; secondo alcuni studiosi invece non erano altro che la “firma” del mastro trullaro che aveva costruito il trullo.

Sono stati contati oltre duecento simboli diversi tra quelli presenti sui coni e quelli tramandati dalla tradizione orale, divisi sommariamente in: primitivi, magici, pagani, cristiani, ornamentali e grotteschi. Una classificazione senza alcuna evidenza scientifica, è certo, ma che dà la misura del mistero che circonda queste costruzioni e del fascino che esercitano.

Non serve scomodare le interpretazioni esoteriche, comunque, per restare sbalorditi davanti a un’arte edilizia millenaria. Una perizia tecnica oggi più che mai moderna, perché perfetto esempio di architettura ecosostenibile: sia perché il trullo è costruito esclusivamente con materiale locale (il calcare che abbonda in terra pugliese), sia per la sua struttura – mura spesse e aperture ridotte – che consente di mantenere l’ambiente interno caldo di inverno e fresco d’estate. Le chianche e chiancarelle che formano la cupola, incastrate l’una nell’altra, garantivano inoltre l’impermeabilità degli ambienti interni; completava l’opera un cornicione sporgente dal tetto che raccoglieva l’acqua piovana in apposite cisterne. È, insomma, ciò che oggi si usa chiamare “bioedilizia”: un approccio architettonico che massimizza i rapporti energetici con l’ambiente e preserva l’equilibrio tra attività umana e natura.

Queste caratteristiche fanno del trullo anche un luogo ideale per le vacanze estive. Un rifugio fresco e ombroso, in armonia con l’ambiente circostante, che rimanda a un passato contadino fatto di terra e sapori autentici, che forse si rimpiange proprio perché non lo si è vissuto. Dei molti trulli trasformati in alloggi turistici, infatti, pochi conservano il loro aspetto rustico e spartano: la maggior parte ha sposato invece i comfort moderni, tramutandosi in funzionali case vacanze o alberghi di charme. In ogni caso, dormire in un trullo è un’esperienza seducente, che non può mancare nella “to-do-list” di curiosi e viaggiatori.

Curiosità

  • La parola “trullo” deriva dal greco τροῦλλος (trûllos) che significa “cupola”.
  • In dialetto pugliese il “trullo” è chiamato anche casìdde o casedda.
  • Ad Alberobello c’è anche una chiesa a forma di trullo: è la chiesa di Sant’Antonio, nel rione Monti, costruita nel 1927.
  • Il “Trullo Sovrano” è l’unico trullo a due piani. Oggi è adibito a casa museo, e si può visitare con un biglietto di 1,50 €.
  • La calce bianca usata per i simboli e per le pareti dei trulli è simbolo di purificazione.
  • L’operazione di imbiancatura delle pareti dei trulli con il latte di calce, che si ripete ogni anno, è detta allattamentou lattator è la persona che se ne occupa.
  • I trulli si trovano sparsi per tutta la Valle d’Itria, ma è ad Alberobello che raggiungono la massima concentrazione. Nel solo rione storico Monti se ne contano 1030; 400 nel rione Aja piccola.

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