Riaprono i Mercati di Traiano con la mostra Napoleone e il mito di Roma


Roma. Alla riapertura dei Mercati di Traiano una nuova mostra celebra il bicentenario della morte di Napoleone ripercorrendo il rapporto tra l’imperatore francese e il mondo antico: Napoleone e il mito di Roma.


Basterebbe un quadro per sintetizzare il rapporto tra Napoleone e Roma: è il ritratto del condottiero francese con gli abiti dell’incoronazione, dipinto da François Gérard nel 1805. Napoleone è raffigurato all’apice della gloria, rivestito dagli immancabili simboli del potere: primo tra tutti la corona d’alloro che gli cinge il capo, alla maniera degli antichi imperatori romani. Un’immagine-simbolo, scelta come significativa chiusura della mostra Napoleone e il mito di Roma, ideata per il bicentenario dalla morte di Bonaparte dai curatori Claudio Parisi Presicce, Massimiliano Munzi, Simone Pastor e Nicoletta Bernacchio, allestita ai Mercati di Traiano fino al 30 giugno 2021. In un percorso espositivo in 100 opere e tre macro-sezioni, la mostra indaga il legame tra il grande generale d’Oltralpe e il mondo antico, che per lui rappresentava un motivo di fascinazione, un modello e uno strumento di propaganda.

François Gérard, Napoleone con gli abiti dell’incoronazione, olio su tela, 1805 (Ajaccio, Palais Fesch-Musée des Beaux-Arts) © Reunion des Musees Nationaux – Grand Palais

Alle origini di questo legame c’è il clima culturale di cui anche Napoleone era figlio. Siamo in pieno Settecento, e a dettare le leggi del “bello” in Europa è Johann Joachim Winckelmann, teorico del Neoclassicismo. Il suo busto, esposto nella mostra, indica il punto di partenza della formazione del giovane Bonaparte, ripercorsa nella prima sezione della mostra. Cresciuto, come tutti, nel solco del gusto neoclassico allora di moda, Napoleone è in grado di piegarlo alle sue necessità e di trasformarlo in un programma politico.

All’ombra del mito di Roma, cresce il mito di Napoleone: “un Napoleone allo specchio di tutti i suoi modelli dell’antichità: da Annibale, a Cesare, ad Augusto”, sottolinea Simone Pastor, tra i curatori della mostra. I grandi generali che hanno ispirato Bonaparte sono tutti rappresentati nella prima parte del percorso espositivo e tracciano la direzione che ha portato un modesto rampollo della piccola nobiltà còrsa a diventare “uom fatale” in grado di cambiare la storia.

Da Alessandro Magno ad Augusto, dai generali ai costruttori dell’Impero: i modelli di riferimento evolvono con l’ascesa politica di Napoleone. Una volta conquistato il potere, il generale si preoccupa soprattutto di mantenerlo. E di nuovo guarda al passato, al successore di Cesare che riportò la pace all’interno del limes e costruì l’edificio imperiale sui resti della Repubblica.

Una visione che Napoleone abbracciò in pieno. E che provò a sperimentare proprio nella Capitale dell’antico Impero, fonte inesauribile di ispirazione: Roma. Doveva tornare una città imperiale, seconda solo a Parigi per importanza e splendore. Con questo obiettivo il Governo Napoleonico avviava un vasto programma di trasformazione urbana, dopo aver annesso la città all’impero francese nel 1809. Un programma urbanistico che nella mostra è riassunto nell’installazione di un viale di specchi e cipressi, simbolo dell’ordine che i francesi sognavano per la città.

Restò in gran parte disatteso, fatta eccezione per gli scavi voluti da Napoleone stesso nell’area dei Fori Imperiali, con l’obiettivo di creare una piazza monumentale attorno alla Colonna di Traiano, presa a modello per la Colonna Vendome a Parigi: celebrazione di un imperatore e delle sue imprese militari.

C.J. Meurant, Bonaparte su un dromedario, bronzo, inizi del XIX sec. (Ajaccio, Palais Fesch-Musée des Beaux-Arts) © Palais Fesch-Musée des Beaux-Arts

Simboli, figure e ideali sono rievocati dal passato per legittimare un regime fondato essenzialmente sulla forza delle armi. Dal vessillo del Settimo Reggimento Ussari alla statuetta di Napoleone sul dromedario, opera di Meurant, l’Antico torna a vivere nel presente come mezzo di propaganda e contribuisce a creare, per i posteri, la leggenda dell’Imperatore.

 

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