Luca Signorelli: in Umbria si celebra il cinquecentenario


Umbria: il cinquecentenario di Luca Signorelli, le iniziative per celebrare e riscoprire uno tra i più grandi maestri della pittura italiana.


Luca Signorelli ha lasciato i suoi capolavori più celebri nel «cuore verde d’Italia»: dalle straordinarie opere realizzate nell’Alta Valle del Tevere, a Città di CastelloMontoneUmbertideMorra e Citerna, fino ai possenti affreschi della Cappella di San Brizio nel Duomo di Orvieto. Nel cinquecentenario della morte di Luca Signorelli, i Gruppi Azione Locale di Alta Umbria, Valle Umbra e Sibillini, Media Valle del Tevere e Orvietano promuovono una serie di iniziative alla riscoperta di uno tra i più grandi maestri della pittura italiana.

Una vallata in mostra 

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Un grande progetto culturale unisce 8 comuni dell’Alta valle del Tevere, la diocesi di Città di Castello e più di 20 musei del territorio nel nome di Luca Signorelli e Raffaello Sanzio. “La valle di Signorelli” celebra un momento magico tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento, quando i due grandi artisti, senza mai incontrarsi direttamente, condivisero la stessa città, le medesime strade e gli struggenti paesaggi del territorio, lasciando dietro di sé opere senza tempo. Da aprile a dicembre, con un unico biglietto ridotto sarà possibile godere di undici capolavori dei due maestri del Rinascimento racchiusi in una manciata di chilometri, da Città di Castello a Morra, fino a Umbertide, Montone, Citerna e San Giustino. L’inedito progetto abbraccia anche l’arte contemporanea grazie alla presenza nel circuito culturale dei Musei Burri a Città di Castello. E sarà via via arricchito, per tutto il 2023, da un ricco calendario congiunto di animazioni, eventi e rievocazioni storiche. Il biglietto ridotto è stato esteso anche alle strutture museali di Cortona. Tutte le informazioni sulle singole iniziative sono consultabili sul sito del RIM www.rimaltotevere.it, la rete interattiva dei musei dell’Alta Valle del Tevere e https://www.peruginoesignorelli.it/

Il capolavoro di Montone

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Quando accanto alle immagini meravigliose di antiche pale d’altare anche le carte d’archivio ci raccontano in maniera diretta e onestissima le storie e i dettagli che stanno dietro la commissione di un dipinto, allora riusciamo non solo a conoscere in maniera certa i fatti che hanno portato all’esecuzione di una determinata opera, ma anche a comprenderne meglio i sentimenti che l’hanno concepita. Sentimenti di devozione, di gratitudine, a volte, magari, di affermazione di un ruolo o di uno status particolare.

Nel caso della Vergine col Bambino e i santi Sebastiano, Cristina, Gerolamo, Nicola da Bari e due angeli, realizzata a Montone (Perugia) da Luca Signorelli e oggi conservata alla National Gallery di Londra, una straordinaria ricchezza di documenti coevi al dipinto ci permette di ricostruire nel dettaglio le vicende, peraltro curiose, che portarono alla sua realizzazione.

L’immagine sacra fu dipinta su tavola per la chiesa montonese di S. Francesco. In età napoleonica se ne persero le tracce e, nel 1826, lo storico e collezionista Giacomo Mancini la ritrovò in una «umidissima cantina» e la fece restaurare dal pittore tifernate Vincenzo Chialli. Il prezioso dipinto venne poi acquistato
da Elia Volpi, un antiquario internazionale, anch’egli di origini altotiberine, celebre per aver creato la collezione di Palazzo Davanzati a Firenze. Nel 1901 il grande mercante d’arte vendette la splendida pala d’altare alla National Gallery, per una cifra imprecisata.

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Un’Umbria indimenticabile

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Quando nel 1897 Sigmund Freud giunse a Orvieto durante il suo primo viaggio in Italia, rimase folgorato alla vista del grandioso Giudizio Universale dipinto da Luca Signorelli nella Cappella Nova (o di S. Brizio) del Duomo, tanto da definirlo «la cosa piú fantastica che abbia mai visto». In un suo saggio pubblicato l’anno seguente (Il Meccanismo Fisico della Smemoratezza) rivelava tuttavia come per lungo tempo non gli fosse stato possibile in alcun modo ricordare il nome dell’autore degli affreschi orvietani, nonostante potesse rievocare le immagini impresse nella memoria con grande suggestione e descriverne accuratamente ogni particolare. La vicenda divenne poi un tema centrale nella ricerca psicanalitica di Freud, in relazione al meccanismo di rimozione della mente umana, divenuto poi noto con il nome di «Paraprassi di Signorelli».

Ancora oggi chi varca la soglia della Cappella Nova vede spalancarsi tutte intorno le pareti della grande scenografia signorelliana, in cui prende vita quella drammatica visione apocalittica, elevata sin dagli esordi a opera fondamentale per ripercorrere le tappe fondamentali della pittura rinascimentale. Non solo il ciclo orvietano aveva consacrato la fama di Luca Signorelli ponendolo alla ribalta della scena artistica in Italia centrale, ma, da quel momento, legava indissolubilmente il suo nome all’Umbria, tanto che per lungo tempo anche la critica lo credette davvero nativo di quelle terre. Di certo l’equivoco poteva essere giustificato dall’intensa attività del pittore in molti luoghi della regione e ben prima dell’esperienza a Orvieto. Dalla natia Cortona, Signorelli, dopo aver avviato il suo apprendistato con Piero della Francesca, aveva infatti iniziato a muovere i suoi primi passi nell’Alta Valle del Tevere, dove con tutta probabilità, già nel 1474, si trovava impegnato nell’esecuzione di alcuni affreschi nella Torre del Vescovo di Città di Castello (ora nella Pinacoteca Comunale).

Fu però solo dopo la gloriosa esperienza nel completamento degli affreschi nella Cappella Sistina (1482) e nel cantiere della basilica di S. Maria a Loreto (1483-1485 circa) che Signorelli tornò sovente a lavorare in Umbria, dove gli vennero affidate numerose commissioni a partire dall’ultimo quindicennio del Quattrocento: oltre a Perugia, dove nel 1484 eseguì la stupefacente Pala di Sant’Onofrio, si trovano testimonianze del suo passaggio nei comuni di Città di Castello, Umbertide, Citerna, Monte Santa Maria Tiberina e Montone.

Fonte: Festival del Medioevo
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