L’effetto coronavirus sul turismo italiano


Precipita la situazione del turismo italiano, aggravata dal panico generalizzato. Franco Gattinoni: “Ridimensionare l’allarmismo creato per recuperare velocemente il danno economico”. Arrivano le prime misure straordinarie Governo a tutela del settore.


Il turismo italiano è in ginocchio a causa del coronavirus. Il volo in picchiata è avvenuto tanto velocemente che costruire una rete di salvataggio per attutire i danni è stato impossibile. Appena pochi giorni fa sembrava tutto sotto controllo: pochi pazienti sotto osservazione, e solo un vago timore per i voli da e per la Cina.

Ora siamo nell’occhio del ciclone: una valanga di viaggi cancellati, prenotazioni mancate, disdette, voli annullati. E nel comparto turistico si iniziano a contare i danni dell’isteria collettiva.

Al momento sono 1.577 i casi di coronavirus in Italia, secondo i dati diffusi dal commissario per l’emergenza Angelo Borrello, con 83 guariti e 41 decessi, concentrati per la maggior parte nel Nord Italia. Più rapidamente del numero dei contagiati, è cresciuta la percentuale delle persone che hanno rinunciato a viaggi e trasferte, costringendo l’Italia a un isolamento forzato dai preoccupanti impatti economici.

Con l’aggravarsi della situazione epidemiologica italiana, molti Paesi hanno deciso di tagliare i rapporti con la penisola, o sospendendo i collegamenti aerei con l’Italia (l’ultimo caso è quello della compagnia American Airlines) o modificando le procedure per l’ingresso dei cittadini italiani nei loro confini. Fino ad arrivare al divieto di ingresso assoluto, disposto ad esempio da Israele, Giordania e El Salvador.

Lino Enrico Stoppani, Presidente Fipe – Federazione Italiana Pubblici Esercizi, calcola i danni di queste prime disdette: “Ad oggi, il fatturato dei pubblici esercizi in alcune aree è calato fino all’80% e secondo le nostre stime rischiamo di perdere nei primi 4 mesi dell’anno una cifra pari a 2 miliardi di euro”. Le previsioni sul futuro sono quanto mai cupe: “Il protrarsi dell’emergenza coronavirus oltre aprile-maggio potrebbe tradursi in una riduzione del Pil dello 0,3-0,4%, con un pesantissimo impatto nel turismo”.

La posta in gioco è molto alta” ha confermato il presidente di Federalberghi Bernabò Bocca. “Basti considerare che durante i mesi di febbraio e marzo gli esercizi ricettivi italiani ospitano 14,5 milioni di turisti italiani e stranieri, per quasi 40 milioni di pernottamenti. Al contrario di quel che si potrebbe credere, non siamo in bassa stagione: per alcune aree del Paese, questo è un periodo di intensa attività. Penso ad esempio al carnevale, alle settimane bianche, alle gite scolastiche e ad importanti manifestazioni fieristiche”.

Il solo mercato delle gite scolastiche, abolite con il decreto 6 del 23/2/2020, frutta secondo Federturismo oltre 300 milioni di euro all’anno, ed è solo la punta dell’iceberg. L’intero comparto turistico vale il 13% del Pil con un giro d’affari di 146 miliardi di euro, 216 mila esercizi ricettivi e 12 mila agenzie di viaggio.

Come siamo arrivati a questo punto? C’è chi punta il dito contro la comunicazione mediatica, “spesso allarmistica e fuorviante”, come dichiarato dal presidente di Confturismo Confcommercio, Luca Patanè: “Per troppi giorni è mancata una comunicazione corretta sulla reale portata dell’infezione, sui rischi effettivi di contagio, sulle conseguenze, mentre chiusure o anche solo limitazioni alle attività commerciali in aree enormi del Paese hanno accresciuto il panico. Danneggiando fortemente l’immagine dell’Italia all’estero”.

Dello stesso parere Marina Lalli, vicepresidente di Federturismo Confindustria: “La nostra immagine è rovinata e lo sarà per un bel po’ di tempo. L’abbiamo fatto con l’immondizia a Napoli e a Roma, poi con l’acqua alta a Venezia. Ma questo è davvero peggio. Abbiamo dato l’immagine di un Paese più colpito degli altri, quando invece non è così”.

A supporto di questa tesi arrivano i dati dell’indagine svolta da Confturismo con SWG su un campione di 1.000 italiani: tra il 18 e il 20 febbraio il 20% degli intervistati dichiarava che avrebbe annullato o cambiato la destinazione dei viaggi previsti per timore del coronavirus, mentre il 27% avrebbe preso solo delle precauzioni in viaggio senza però effettuare alcun cambiamento. Solo 3 giorni dopo, con la diffusione delle notizie sui casi italiani e sui primi provvedimenti restrittivi in Lombardia e Veneto, la stessa indagine ha riportato risultati nettamente diversi: i primi sono arrivati al 36% e i secondi al 31%, mentre è crollata dal 44% al 21% la percentuale di chi non intende modificare in alcun modo le proprie abitudini di vacanza.

Per impedire il collasso economico quindi si dovrebbe ripartire dalla comunicazione, soprattutto online. È questo il parere di Franco Gattinoni, presidente del gruppo omonimo, uno dei principali player italiani nell’ambito del mercato turistico: “Si è innescata una follia collettiva che dobbiamo arginare e i media e i social network in tutto questo hanno avuto e stanno avendo un ruolo di primo piano nell’amplificare in maniera esponenziale lo stato di allerta e paura che si è generato. È assolutamente necessario ridimensionare l’allarmismo creato in questa settimana, per cercare di recuperare i gravi danni economici già procurati.” Danni che, secondo Gattinoni, sono stati sottovalutati da Stato e regioni: “Le aziende stanno cancellando viaggi leisure e business, eventi e incentive di marzo, non solo a Milano ma anche nel resto d’Italia e all’estero. Un grave danno per tutto il comparto che subirà importanti ripercussioni economiche sui prossimi 12 mesi”.

La denuncia delle associazioni di categoria ha raggiunto il Consiglio dei Ministri, che sabato 29 febbraio ha preso i primi provvedimenti salva-turismo:

  1. La sospensione fino al 30 aprile 2020 dei versamenti dei contributi previdenziali e delle ritenute fiscali per agenzie di viaggio e turismo, tour operator e strutture ricettive in tutta Italia;
  2.  La possibilità per le agenzie di rimborsare i clienti con un voucher valido un anno (vale per pacchetti turistici e viaggi da e per zona rossa; per andare a eventi annullati o sospesi da ordinanze e decreti; per viaggi all’estero bloccati per covid-19; per le gite scolastiche).

Ma c’è chi accoglie le misure approvate con molta cautela: “Si tratta di segnali di attenzione che, in attesa della pubblicazione in Gazzetta del testo ufficiale del provvedimento, ovviamente apprezziamo” afferma Bocca “ma purtroppo non sono sufficienti. Chiediamo alle istituzioni, a tutti i livelli, quindi non solo allo Stato, ma anche alle Regioni e ai comuni, di adottare con urgenza ogni misura utile a garantire liquidità alle aziende e salvaguardare i posti di lavoro, per evitare il tracollo di un settore strategico, in cui operano oltre 300.000 imprese, che offrono lavoro a 1,5 milioni di persone”.

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