Guerra Bianca: trekking e percorsi storici nel Parco dello Stelvio

guerra bianca ph. laura marina mandelli

La Grande Guerra venne combattuta anche sui crinali alpini, fra le rocce e i ghiacciai d’alta quota. Oggi una serie di percorsi, di difficoltà variabili, aiutano a ricostruire la Storia e le storie di quei luoghi.

La vita quassù è alquanto dura, ma tutto si sopporta per amore di Patria e per la Vittoria… Siamo quasi a 3700 metri e dominiamo il Trentino [], una ridda fantastica di cime nevose, , di ghiacciai, di vette rocciose, di vallate verdi popolate di ameni paeselli []. Non importa se tutto quello che ho fatto , se tutto quanto ho sofferto non è stato o non sarà riconosciuto. Io sono egualmente contento.

Con queste parole Arnaldo Berni, Capitano del Battaglione Tirano sul fronte dello Stelvio durante la Grande Guerra, si congeda dai parenti. La lettera è datata 31 agosto 1918. Tre giorni dopo Berni troverà la morte fra gli amati ghiacciai della Punta San Matteo, durante l’omonima battaglia, quella svoltasi più in quota dell’intera Storia europea. Nella sua descrizione si ritrovano tutte le contraddizioni della cosiddetta Guerra Bianca, la componente della Grande Guerra svoltasi sulla line alpina dallo Stelvio fino agli altipiani del Carso.

I sontuosi paesaggi montani furono teatro di una carneficina in nome della strategia bellica e l’amenità dei luoghi divenne il cimitero di tanti giovani senza nome. Ancora oggi, passeggiando dalle parti del Passo dello Stelvio, fra Trentino e Lombardia, non è raro vedere affiorare pezzi di filo spinato, resti di munizioni, baracche militari. I ghiacciai, mutevoli per definizione, nascondono i segreti più grandi: fra questi, le stesse spoglie del Capitano Berni.

Il Parco Nazionale dello Stelvio offre oggi una rete di trekking ed escursioni multimediali sul tema della Guerra Bianca. Veri e propri musei all’aria aperta, i percorsi sono di varie difficoltà e risultano sia ben attrezzati per la cartellonistica esplicativa, sia serviti da numerosi rifugi e punti di ristoro. Che si tratti di una gita in giornata o di un intero weekend, visitare questi sentieri in quota rappresenta un modo per coniugare l’attività outdoor in luoghi ameni all’esercizio della memoria storiografia, tanto interessante quanto tragica, delle vicende di allora.

 

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Note storiche sulla Guerra Bianca

Già il nome di Guerra Bianca, altrove detta Guerra d’aquile, rende l’idea della particolarità di questa fase storica. La prima denominazione fa riferimento ai ghiacciai della catena alpina dell’Ortles – Cevedale, racchiusa fra Alta Valtellina e Val Camonica in Lombardia e confine naturale fra quest’ultima e il Trentino – Alto Adige. Le sue cime, che corrono costantemente sopra i 3000 metri e raggiungono il culmine a quasi 4000, sono infatti coperte dal bianco sudario dei ghiacciai innevati. Il secondo soprannome fa invece riferimento alla quota e agli impervi crinali su cui i soldati di entrambi gli eserciti si improvvisarono alpinisti, portandovi armi, bombe a mano e persino cannoni.

Si tratta di un caso iconico di come la conformazione territoriale, le vicende degli uomini e le strategie delle alte sfere militari siano connesse. Secondo lo storico della montagna Enrico Camanni, la Guerra Bianca fu la prima occasione di frequentazione di massa, per quanto costretta, delle Alpi. Contribuì, inoltre, all’accelerazione delle tecniche di scalata e delle conoscenze cartografiche del luogo.

Le storie e i protagonisti di questi pochi anni, dal 1915 al 1918, sono innumerevoli. Fra gli aneddoti più paradossali e rappresentativi vi è proprio la Battaglia del San Matteo, combattuta sull’omonima cima nell’estate del 1918: è stato calcolato che l’altezza attuale del monte, 3678 metri s.l.m., sia frutto del feroce bombardamento degli austriaci per conquistarne la vetta. Prima, il San Matteo era più alto di sei metri. Altro inquietante teatro di scontro fu il monte Gran Zebrù, sulla cui anticima a circa 3800 metri venne costruito un intero avamposto austriaco, tutt’ora visibile per gli alpinisti che ne percorrono la difficile via di salita nota come Suldengrat. La Guerra Bianca ebbe fine con la conclusione della stessa Grande Guerra e ne esemplifica le particolarità. Si trattò infatti soprattutto di un conflitto novecentesco e tecnologico, combattuto però secondo logiche di posizione e conquista tipicamente ottocentesche.

 

Reticolato della Guerra Bianca nei pressi di VAllombrina. Ph. Laura Marina Mandelli.

Reticolato della Guerra Bianca nei pressi di Vallombrina. Ph. Laura Marina Mandelli.

 

Informazioni preliminari per i visitatori

Il Parco Nazionale dello Stelvio copre una superficie di quasi 131 ettari complessivi ed è fra i più antichi d’Italia. Votato al turismo e disponibile ad accogliere visitatori di qualsiasi tipo, dalle famiglie all’escursionista esperto fino agli alpinisti estremi, in ogni stagione presenta facce diverse della propria vasta, e naturalisticamente varia, realtà.

Quando e come affrontare i percorsi proposti

  • Meteo e stagionalità: i percorsi proposti, a seconda dell’anno, sono perlopiù accessibili dall’estate fino all’inizio dell’inverno. Molti di questi diventano, con le prime nevicate, non solo pericolosi senza l’accompagnamento di una Guida Alpina esperta e con l’ausilio di sci, ma impraticabili causa chiusura delle strade. In autunno si incontra un clima non ancora proibitivo e ideale per una gita di un’intera giornata. Si raccomanda ad ogni modo di prestare attenzione alle previsioni meteo, soprattutto per gli itinerari che prevedono tratti esposti o attrezzati.
  • Attrezzatura: i percorsi proposti si svolgono sovente sopra i 2500 metri di quota e in più punti raggiungono i 3000. Raccomandata, oltre a un allenamento sufficiente e a una minima dimestichezza con l’ambiente alpino, è un’attrezzatura adeguata. Bastoncini e scarponi da trekking, vestiario a strati e mantella da pioggia sono in ogni stagione obbligatori. Da valutare sempre le condizioni meteo e di eventuale innevamento nelle mezze stagioni.
  • Fauna e flora: abeti, pini cembri e larici popolano la flora dello Stelvio. Quanto alla fauna, non è raro avvistare marmotte, gipeti, pernici, camosci, caprioli e stambecchi, verso il cui habitat si raccomanda il massimo rispetto. In tempi recenti sono stati avvistati, più sporadicamente, linci, lupi e orsi.
  • Dati tecnici: difficoltà variabile da T (turistico) a EE/EEA (escursionismo per esperti con tratti attrezzati). Dislivello in positivo dai 268 fino a 1305 metri. Alcuni degli itinerari proposti sono percorribili non solo a piedi ma in MTB (solo per esperti).

Accessibilità

  • Dalla Lombardia: in auto, seguire SS36 da Milano per Lecco – Colico, proseguendo sulla SS 38 per Sondrio – Tirano fino a Bormio. In alternativa, uscita Brescia Ovest della A4, proseguendo lungo la SS 42 che porta in Valle Camonica fino a Ponte di Legno. In treno, prendere la linea Milano – Sondrio – Tirano e poi autobus di linea per Bormio e le altre località dell’area valtellinese del Parco. Da Brescia, raggiungere Edolo con le FNM e da qui proseguire per Ponte di Legno e le zone limitrofe con gli autobus di linea.
  • Dall’Alto Adige: in auto, uscire a Bolzano Sud della A22 del Brennero e prendere la SS 38 che percorre la Val Venosta. In treno, seguire le linee Bolzano – Merano e Merano – Malles. Appoggiarsi poi ad autobus di linea.
  • Dal Trentino: in auto, dall’uscita di Mezzocorona-San Michele all’Adige della A22 continuare sulla SS 43 in direzione Cles. Poi, lungo la SS 42 verso il Passo del Tonale. In treno, seguire la linea Trento – Malè fino a Malè e poi autobus di linea.

 

La fauna presso il Filon del Mot. Ph. LAura Marina MAndelli.

La fauna presso il Filon del Mot. Ph. Laura Marina Mandelli.

 

Gli itinerari della Guerra Bianca

Gli itinerari dedicati alla Guerra Bianca, fra il Parco Nazionale dello Stelvio e il vicino Parco dell’Adamello, sono numerosi. Qui ne vengono proposti sei, selezionati in base a criteri di accessibilità e prossimità al Passo dello Stelvio e alla conca di Bormio. Si è scelto inoltre di non descrivere gli storici itinerari di carattere alpinistico, per affrontare i quali è necessaria una profonda preparazione e l’ausilio di una Guida Apina. Giova però ricordare come quei luoghi che sarebbero diventati il paradiso di scalatori e sciatori estremi siano stati percorsi, con intenzioni tutt’altro che sportive, da centinaia di soldati coinvolti nelle tragiche vicende della Grande Guerra.

Dal Passo dello Stelvio al Monte Scorluzzo

  • Durata: 1 h.
  • Dislivello positivo: 336 metri.
  • Difficoltà: E (EE/EEA concatenando al Filon del Mot)

L’itinerario si svolge su facile sentiero contrassegnato dal segnavia n. 506. Il punto di partenza è il Passo dello Stelvio, raggiungibile in macchina e servito anche da autobus di linea. Sul luogo sono presenti numerosi punti ristoro.

Lungo il percorso sono presenti cinque punti d’interesse: Passo dello Stelvio (m 2759), postazioni d’artiglieria sulla cresta a Sud del Passo dello Stelvio; resti di trincee nell’ambiente lunare del Passo delle Platigliole; trincee e postazioni che dominano il Passo dello Stelvio presso lo Scorluzzino; infine, orientate a Sud, le postazioni di prima linea sulla vetta dello Scorluzzo (m 3094).

Dalla vetta dello Scorluzzo la vista spazia sui crinali circostanti lo Stelvio e sulla Valle del Braulio, nonché sulla vedretta del Monte Cristallo (3221 metri) e sulle cime più importanti del gruppo Ortles – Cevedale. Esiste la possibilità di concatenare questo itinerario, preferibilmente percorrendolo in discesa, a quello successivo. In tal caso, dovendo affrontare passaggi attrezzati e di facile arrampicata, la difficoltà è EE/EEA (escursionisti esperti/sentiero attrezzato).

 

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Dalla Strada dello Stelvio alle Rese Basse e al Filon dei Mot

  • Durata: 2 h.
  • Dislivello positivo: 345 metri.
  • Difficoltà: E (EE/EEA con la salita allo Scorluzzo).

L’itinerario parte dal terzo tornante sopra la Quarta Cantoniera della SS 38 dello Stelvio (m 2488) e raggiunge il Filon dei Mot, percorrendo il versante orografico sinistro della Valle del Braulio. Passando dal Laghetto Alto e quindi dalle Rese Basse di Scorluzzo, si raggiungono il Piano di Scorluzzo e la Malga dell’Alpe, per poi salire fino all’insediamento militare del Filon dei Mot (m 2768).

Come sopra, per chi volesse percorrere la cresta integrale che porta alla vetta dello Scorluzzo si raccomanda buona preparazione escursionistica e dimestichezza con i passaggi esposti. Si tratta ad ogni modo di una salita di grande soddisfazione, sulle orme del Capitano Berni nei cui diari il Filon del Mot è ricorrente.

L’itinerario presenta un suggestivo insediamento di caserme militari magnificamente conservato. Per la sua postazione panoramica, c’è chi l’ha soprannominato ‘il Machu Picchu della Valtellina’. Non è raro avvistare, durante la salita, alcuni esemplari di stambecco qui praticamente stanziali.

 

Le fortificazioni lungo il Filon del Mot. Ph. Laura Marina Mandelli.

Le fortificazioni lungo il Filon del Mot. Ph. Laura Marina Mandelli.

 

Dalla Quarta Cantoniera dello Stelvio alla Bocchetta di Forcola e alla Caserma militare

  • Durata: 1.45 h.
  • Dislivello positivo: 274 metri.
  • Difficoltà: E.

L’itinerario proposto, dal Giogo di Santa Maria alla Caserma Bocchetta di Forcola (m 2762), segue il segnavia 145. Presenta cinque punti d’interesse: Quarta Cantoniera (m 2488), la prateria alpina e il nardeto ai piedi della frastagliata Cresta dell’Umbrail, un singolare ambiente geomorfologico nella Piana della Mogenaccia, l’articolato sbarramento difensivo alla Bocchetta di Forcola e infine, sul versante opposto, la Caserma militare.

La Bocchetta di Forcola è un ambiente suggestivo i cui cunicoli militari offrono riparo agli escursionisti in caso di vento, frequente in questo punto. Gli escursionisti esperti, da qui, possono raggiungere il Pizzo Braulio, scarsamente segnalato e di difficile orientamento. o percorrere la Cresta dell’Umbrail, con passaggi aerei e attrezzati, mantenendosi alla quota costante di circa 3000 metri.

La Bocchetta di Forcola è particolarmente frequentata anche dagli appassionati di MTB, che sovente vi passano nel corso di itinerari più lunghi, verso l’Alpe di Pendenolo e i Laghi del Cancano. Le marmotte, lungo il percorso di salita, fanno da padrone.

 

Il sentiero verso il Passo della Forcola. Ph. LAura MArina MAndelli.

Il sentiero verso il Passo della Forcola. Ph. Laura Marina Mandelli.

 

Valle di Cedèc: dal Rifugio Albergo dei Forni al Passo Zebrù, passando per il Rifugio Pizzini

  • Durata: 5.30 h.
  • Dislivello positivo: 942 metri.
  • Difficoltà: EE.

L’itinerario si svolge lungo la Valle di Cedèc. Dal Rifugio Ghiacciaio dei Forni (m 2178) il sentiero n. 528 conduce alla Caserma di Valle di Cedèc fino al bivio di Rio Grande. Si prosegue poi per tracce fino al Passo di Zebrù Nord (m 3001). Da qui si percorre in discesa il sentiero n. 529 verso il Rifugio Pizzini (m 2700) e quindi si torna al Rifugio Ghiacciaio dei Forni lungo il sentiero n. 528.

Al di là delle numerose baracche militari presenti lungo il percorso, il contesto naturalistico merita di per sé una visita. Si è difatti al cospetto delle Tredici Cime, la catena montuosa che corre dal Cevedale (3769 metri) al Pizzo Tresero (m 3594 ), i cui ghiacciai sono stati il più tragico campo di battaglia della Guerra Bianca. A dominare la valle è però la piramide di ghiaccio e roccia del Gran Zebrù (m 3875), definita da alcuni come la montagna più bella delle Alpi Occidentali e meta ambita, per quanto impervia, di alpinisti esperti.

Dal Passo Zebrù è possibile sconfinare nell’eponima valle e raggiungere il Rifugio V Alpini (m 2877). Dal Rifugio Ghiacciaio dei Forni è altresì possibile compiere un anello che passa dal vicino Rifugio Branca (m 2487), seguendo il Sentiero Glaciologico. Si tratta di un percorso frequentato da famiglie ma che richiede dimestichezza con l’ambiente selvaggio del Ghiacciaio dei Forni.

 

PAnorami attorno al Ghiacciaio dei Forni. Ph. Laura Marina Mandelli.

Panorami attorno al Ghiacciaio dei Forni. Ph. Laura Marina Mandelli.

 

Valle di Gavia: dal Rifugio Berni al Pizzo di Vallombrina

  • Durata: 4 h.
  • Dislivello positivo: 768 metri.
  • Difficoltà: E/EE.

Si lascia la macchina in prossimità del Rifugio Arnaldo Berni (m 2560), a 2 km dal Passo del Gavia, meta assieme allo Stelvio dei ciclisti e motociclisti più temerari. Il percorso si muove lungo il sentiero n. 525 che in pochi minuti conduce al vecchio Rifugio di Gavia (m 2522) e prosegue quindi per il segnavia n. 551 fino al bivacco Battaglione Skiatori Monte Ortler (m 3141). Da qui, incontrando numerose opere militari italiane, alloggi, postazioni di artiglieria, trincee e linee di filo spinato, si prosegue in cresta fino al Pizzo di Vallombrina (m 3220).

Il contesto naturalistico è qui particolarmente selvaggio. Si è al cospetto, dal versante opposto rispetto a quello del Ghiacciaio dei Forni, dei monti Tresero e San Matteo. Il Pizzo di Vallombrina è proprio collegato a quest’ultimo da una cresta di neve e rocce friabili.

Poco sotto il bivacco Battaglione Skiatori è presente uno specchio d’acqua i cui colori, entro cui si riflette il bianco delle cime circostanti e il nero delle rocce, sono il sogno di qualsiasi fotografo. A questo luogo Berni ha dedicato alcune delle pagine più gioiose del suo diario, a testimonianza della paradossale unione, durante la Guerra Bianca, fra gli orrori della guerra e la bellezza sublime di queste montagne.

 

Resti delle caserme sul VAllombrina. Ph. Laura MArina MAndelli.

Resti delle caserme e bivacco Skiatori sul Vallombrina. Ph. Laura Marina Mandelli.

 

Dalle Torri di Fraele al ricovero corazzato Monte delle Scale e al Lago delle Scale

  • Durata: 2.30 h.
  • Dislivello positivo: 514 metri.
  • Difficoltà: E.

Il percorso si muove dalle suggestive Torri di Fraele (m 1932), sviluppandosi inizialmente lungo una strada militare e poi su sentiero. La via realizzata per accedere al sovrastante forte del Monte delle Scale (m 2520) presenta un panorama mozzafiato su tutta la vallata. Sei i punti d’interesse: Torri di Fraele, lungo il percorso, Ricovero delle Scale, galleria di collegamento, postazioni d’artiglieria all’aperto e sulla via del rientro ad anello.

Una particolarità del percorso è data dalla possibilità di passare attraverso la galleria principale forte. Il passaggio, ancora in primavera avanzata, è sovente bloccato dalla muraglia di neve stagionale che vi si accumula.

Esiste inoltre la possibilità di raggiungere una delle cime gemelle del Monte delle Scale (2495), la cui imponente croce è visibile da Bormio, il maggiore centro abitato della zona. Da qui la vista spazia sulle suggestive dighe del Cancano. Dai laghi artificiali si dipartono numerose valli minori, fra cui la Val Alpisella che ospita le sorgenti del fiume Adda.

 

Interni della caserma al Monte delle Scale. Ph. LAura Marina MAndelli.

Interni della caserma al Monte delle Scale. Ph. Laura Marina Mandelli.

 

Nei dintorni: in caso di pioggia

In caso si incappasse sfortunatamente in giornate di tempo incerto, esistono numerose alternative al trekking storico. Sopra all’abitato di Oga in Valdisotto, località nota per gli impianti sciistici che in estate cedono il posto a suggestivi sentieri nel bosco, è situato il Forte Venini. Posto a circa 1730 metri di quota e raggiungibile in pochi minuti dal parcheggio dell’eponimo albergo, è stato ultimato nel 1914 e rappresenta un esempio splendidamente conservato, e visitabile, di struttura bellica e strategica dell’epoca.

I tesori dell’Alta Valtellina non si nascondono solo fra le montagne, ma anche nei borghi che ne costellano i versanti e i fondovalle. Si raccomanda una visita a Bormio, località da sempre votata al turismo estivo e invernale e il cui centro storico medievale presenta numerose architetture di grande interesse.

Fra queste, sulla piazza principale, spiccano la Torre delle Ore, la Chiesa di San Gervaso e Protasio e il Kuerc, curioso anfiteatro coperto del XVI secolo. Da non perdere, attraversando il fiume Frodolfo che assieme all’Adda lambisce gli argini dell’abitato, la contrada del Combo con il suo caratteristico ponte a campata unica.

 

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Relax e gastronomia

Se la pioggia dovesse farsi insistente, è d’obbligo una visita agli impianti termali di Bormio, fiore all’occhiello dell’anima votata al benessere della località. La tradizione termale risale ai tempi dei Romani e si sviluppa oggi in tre complessi principali: le Terme Comunali, ideali anche per famiglie, il lussuoso hotel Bagni Nuovi e il suggestivo albergo Bagni Vecchi, nel cui parco è possibile trovare anche una pozza termale naturale. Tipico dei turisti invernali è immergersi nelle vasche di acqua calda esterne, al cospetto dei manti nevosi che imbiancano i versanti e le piste da sci della valle.

Conoscere la gastronomia del luogo è infine il modo migliore per concludere una giornata di trekking, esplorazione storica e relax. Classici piatti della zona sono i pizzoccheri valtellinesi, una pasta di grano saraceno condita con salvia, patate e formaggio Bitto, e gli sciatt, frittelle tonde ripiene di formaggio. Seguono poi la Slinzega, saporito salume secco, e un’innumerevole lista di formaggi vaccini, fra cui il già citato Bitto, il Casera e lo Scimudin.

Come accompagnamento, i vini della Valtellina Superiore presentano un gusto forte e deciso. I più celebri sono sicuramente Grumello, Sassella, Inferno, Maroggia e il passito Sforzato. Re dei liquori valtellinesi è infine il Braulio, un digestivo ideato nel 1826 e composto di erbe aromatiche alpine quali achillea moscata, bacche di ginepro, assenzio e radici di genziana.

Bibliografia e sitografia

Fonti principali per la stesura del presente articolo, nonché consigliati per chi volesse scoprire altri percorsi sul tema della Guerra Bianca fra Stelvio e Adamello, sono il sito del Parco Nazionale dello Stelvio e il portale del Museo della Guerra Bianca in Adamello.

Di grande utilità per informazioni più generali, inoltre, sono il portale ufficiale di Bormio e il sito del turismo in Valtellina.

Per chi volesse infine approfondire da un punto di vista storico le vicende della Guerra Bianca e la figura di Arnaldo Berni, si raccomanda l’ottimo Il fuoco e il gelo. La Grande Guerra sulle montagne dello storico e alpinista Enrico Camanni, Bari- Roma: Laterza, 2016. Da qui è tratta la citazione di Berni in esergo all’articolo.

Immagini: si ringrazia la fotografa Laura Marina Mandelli per la gentile concessione delle immagini.

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