Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene. (Paolo Borsellino)
Era diventato poco più che un ripostiglio la stanza che oggi l’Associazione nazionale magistrati ha deciso di far rivivere in onore delle due persone speciali che in quel luogo hanno lavorato in segreto per anni: i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Era il loro ufficio nel piano ammezzato del Palazzo di Giustizia di Palermo quella stanza blindata in cui, alla morte del giudice Rocco Chinnici (il giudice che guidava la sezione istruttoria processi penali del Tribunale di Palermo), furono trasferiti negli anni ‘80 per motivi di sicurezza. Il ‘Bunkerino’ fu soprannominato. Lì Falcone e Borsellino portavano avanti la loro lotta alla mafia.
Dal 24 maggio scorso quell’aula blindata è diventata un museo, aperto a tutti, addetti ai lavori e pubblico. Presentata durante la giornata nell’aula magna della Corte di appello di Palermo e ricostruita perfettamente grazie al contributo di magistrati e personale amministrativo che in quegli anni collaboravano con i due giudici, la stanza oggi si può visitare con la sensazione che “Giovanni e Paolo stiano per tornare da un momento all’altro”, per usare le parole di Matteo Frasca, presidente Anm di Palermo.
La macchina da scrivere utilizzata all’epoca, gli apparecchi di videosorveglianza, i mobili, le sedie, l’ultima scatola di Toscani (i sigari preferiti da Falcone), gli appunti sul maxi-processo. E poi sulla scrivania si possono vedere ancora le fotocopie degli assegni sequestrati da Falcone nel corso di un’inchiesta.
Oggetti e cimeli ritrovati e rimessi lì, esattamente dove dovevano stare, grazie anche all’aiuto di Giovanni Paparcuri, uno dei più stretti collaboratori del giudice Falcone sopravvissuto nell’attentato a Rocco Chinnici. Proprio lui ha recuperato quella scatola di sigari, l’ultima che Falcone gettò nel cestino lasciando il Tribunale. E poi le papere in legno.
“Mi sembra di sentire ancora Falcone che urla: “Paolo”. Borsellino gli nascondeva una delle papere della sua collezione preferita e lasciava un biglietto: “Se vuoi rivederla viva cinquemila lire mi devi dare”. Sento ancora le loro risate in quei giorni difficili”. Ricordava Paparcuri entrando nelle stanze museo, presentate proprio il 24 maggio, giorno dopo l’anniversario della strage di Capaci, in cui il giudice Falcone, la moglie e tre agenti della scorta furono uccisi.
Tutto questo – ha affermato Matteo Frasca in occasione della presentazione del Museo lo scorso 24 maggio in occasione del 24° anniversario della strage (23 maggio 1992) – vuole essere un modo per ritrovare la sacralità di quei luoghi e renderli fruibili soprattutto per i più giovani”.
Per passare poi alle parole di Roberto Scarpinato, procuratore generale presso la Corte d’Appello di Palermo: “Quel luogo rappresenta l’anima di questo palazzo. Un’anima che non si può perdere. La prima volta che entrai in quel luogo, nel 1988, per andare a salutare Falcone ricordo che rimasi bloccato con il bisogno di fermarmi per regolare la mia respirazione. Ero molto emozionato. Quello non era un ufficio giudiziario come gli altri. Sembrava di essere altrove, in un cerchio magico rispetto a Palermo, alla Sicilia a quell’Italia assuefatta dalla secolare tracotanza del sistema di potere politico mafioso che dominava incontrastata l’economia.
Da oggi quella stanza, è aperta alla collettività, per mantenere viva la memoria di due eroi normali, che hanno trasformato la paura in coraggio.
Info utili:
Per visitare il Museo Falcone Borsellino scrivere a: museofalconeborsellino@associazionemagistrati.it
Durata della visita: 30 minuti. Numero massimo di visitatori per unità: 25.
Dopo aver ricevuto la mail di conferma della visita, i richiedenti dovranno inoltrare la comunicazione alla Presidenza della Corte di Appello per eventuali ulteriori autorizzazioni necessarie per l’accesso in questo Palazzo di Giustizia.
Fonte: Associazione nazionale magistrati
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